Neanche i talebani delle politiche green possono negare la frenata della domanda di auto elettriche. Prezzi troppo alti, difficoltà per la ricarica, la naturale resistenza al cambiamento: sono tanti i motivi che affossano le auto alla spina. I numeri sono sotto gli occhi di tutti: a livello globale nella prima metà del 2024 sono stati venduti a livello globale poco meno di 7 milioni di veicoli, ma 4,1 milioni solo in Cina. L’asse Ue-Efta-Regno Unito rappresenta appena 1,5 milioni di vendite. Cifre pesanti da digerire per i fondamentalisti del verde: da inizio d’anno le vendite di auto a batteria e ibride plug-in in Europa segnano -4 per cento. Ma non è tutto, perché il mercato italiano registra dati persino peggiori.
Come riportato dal Corriere della Sera, il mercato delle auto usate in Italia vale quasi il doppio di quello del nuovo. Ma è il dato delle elettriche a fare impressione: rappresentano solo l’1 per cento del mercato. Le auto diesel restano le più amate (45,4% sul totale), seguite da quelle a benzina (38,7%), ibride (7,3%), GPL (4,9%), a metano (2,2%). Entrando nel dettaglio i numeri peggiorano, perché il flop è certificato nonostante il calo nel prezzo abbia toccato il 15,9 per cento. Come si può pensare di puntare esclusivamente sull’elettrico a partire dal 2035? Perché gli italiani saranno anche resistenti al cambiamento, ma in giro per l’Europa non è molto diversa. Anzi.
I numeri preoccupano e non potrebbe essere altrimenti. Senza dimenticare le stime di nuove immatricolazioni Bev entro fine decennio abbattute al 30-40% del totale contro il precedente 50%. Tutto ciò avrà indiscutibilmente delle ripercussioni sulle strategie dell’industria, soprattutto per le case che più hanno investito sulla linea green. Come evidenziato dal Sole 24 Ore, coloro che hanno puntato sulla flessibilità delle piattaforme multi-energy hanno avviato un aggiornamento della gamma, con più modelli ibridi in vetrina.
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Il vero problema non è cosa produrre ma a quale costo, la riflessione di Gianluca Di Loreto, partner di Bain & Company: “Non basta avere una piattaforma flessibile se i costi di produzione dei veicoli elettrici restano non competitivi rispetto ai concorrenti globali. Le vendite rischiano comunque di non decollare, a causa dei prezzi, aggravando la situazione”. Per l’esperto è necessario intraprendere iniziative radicale per tagliare i costi, soprattutto in una fase di transizione obbligata come quella attuale.
Le scelte sono sofferte, il più delle volte a rimetterci sono i lavoratori. Il gruppo Vw per la prima volta nella sua storia aprirà una stagione di licenziamenti e ha fissato un target del 70% delle vendite di Ev in Europa entro il 2030. Stellantis, invece, non ha ritoccato gli obiettivi generali del piano Dare Forward 2030, ma ha sospeso la produzione della Fiat 500e (Mirafiori è in stand-by) ed ha rinviato la realizzazione delle gigafactory per batterie a Termoli e in Germania. E, ancora, la Renault ha ridimensionato obiettivi e ambizioni, virando su una strategia duale con Ev e vetture a combustione per i prossimi 10 anni, quindi oltre il 2030. Ma questi sono solo alcuni esempi: tutte le case europee hanno cestinato piani e progetti sulle elettriche, provando a fissare nuovi obiettivi che rischiano comunque di non essere centrati per i motivi più vari.
Il mercato comanda, lo sappiamo. E se le vendite di auto usate aumentano a dismisura – 2,9 milioni di passaggi di proprietà, +6,6%, rispetto ai 2,7 milioni del 2022 – significa che i consumatori non possono permettersi spese eccessive o comunque non intendono investire sull’auto cifre troppo alte. E le elettriche non rappresentano esattamente l’ideale di “macchina del popolo”. Con buona pace dei talebani di Bruxelles.
Franco Lodige, 7 ottobre 2024
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