Anche il “Ddl beneficenza”, giornalisticamente detto “legge Ferragni”, nasce e si sviluppa sull’onda lunga di un interventismo pubblico che, insito in tutti moderni sistemi democratici, raggiunse un vertice ineguagliato durante gli anni bui della pandemia di Covid-19.
Il meccanismo si fonda su una logica, comune a tutte le organizzazioni politico-burocratiche, secondo la quale la realtà esistente rappresenta sempre, secondo una eccellente sintesi del grande Friedrich von Hayek, “il risultato intenzionale di un atto deliberato della stessa sfera politico–burocratica”. Su questa base, di conseguenza, tanto gli organismi elettivi, quanto quelli propriamente burocratici, ogniqualvolta si diffonde nella popolazione una qualunque problematica ritenuta di grande rilevanza dai media, per giustificare e rafforzare la propria posizione nella società si sentono autorizzati, come nel caso in questione, ad adottare – o a esercitare una relativa pressione nei riguardi della politica – tutta una serie di misure volte ad eliminare alla radice detta problematica.
E dato che siamo in Italia, il risultato finale di questa ennesima crociata politico-burocratica contro il male, al fine di stabilire nella collettività il regno della concordia basato su una strettissima osservanza della legalità, è quasi sempre lo stesso da alcuni decenni.
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In sostanza, così come accade praticamente ovunque nella vita sociale ed economica del Paese, il settore preso di mira dalle forze del “bene” si “arricchisce” di una corposa quantità di adempimenti, di scartoffie da riempire e custodire gelosamente e, ovviamente, di controlli e sanzioni amministrative e/o penali da far tremare i polsi.
Nella fattispecie, secondo la bozza le norme prevedono sanzioni da 5 a 50mila euro, oltre a un anno di blocco delle attività, per gli imprenditori digitali che non risulteranno trasparenti riguardo le campagne benefiche a cui partecipano con la loro immagine e la destinazione, sempre a scopo benefico, dei proventi derivanti dalla vendita di prodotti. Inoltre, come riportato dalle agenzie di stampa, vi sarebbe l’obbligo di indicare sui prodotti le finalità dei proventi e il destinatario della beneficenza, oltre all’importo o alla quota destinati a quel fine. Inoltre, prima della messa in commercio dei prodotti, occorrerà trasmettere all’Autorità competente le informazioni obbligatorie, nonché il termine entro cui sarà versato l’importo destinato alla beneficenza. Entro tre mesi da quella scadenza il produttore dovrà comunicare alla medesima Autorità il versamento.
Ebbene, in attesa di osservare i mirabili effetti di codesta ennesima campagna condotta a colpi di multe, di marche da bollo e di ceralacca, restiamo sempre più speranzosi circa il raggiungimento dell’obiettivo finale di azzerare ogni forma di imbroglio mediatico nel nostro Paradiso democratico, così come ci raccontava il grande Roberto Speranza a proposito di un virus banale da portare letteralmente all’estinzione. Beato chi ci crede.
Claudio Romiti, 26 gennaio 2024
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