Esteri

“Impeachment per Biden”, che ipocrisia il doppiopesismo dei media

Rimane l’eterno giochetto doppiopesista, quello che anche in Italia abbiamo ben conosciuto prima nei confronti di Silvio Berlusconi ed oggi contro il presidente Giorgia Meloni. L’utilizzo dei due pesi e delle due misure sta ormai trovando applicazione pure negli Stati Uniti, dove la polarizzazione tra democratici e repubblicani, dalla fine dell’esperienza trumpiana alla Casa Bianca, ha raggiunto livelli esponenziali.

Da una parte, la metà dell’America che vota Gop ritiene che Joe Biden sia un usurpatore, colpevole di aver “rubato” e “falsificato” le elezioni del 2020. Dall’altra, invece, sull’onda anti-razzista di Black Lives Matter, una buona dose dei progressisti sostiene fermamente che il Paese a stelle e strisce sia intrinsecamente razzista dalla sua nascita. Insomma, uno Stato nato dalle radici del colonialismo, del razzismo e del sessismo. Rimane sempre il maschio bianco nel mirino delle frange più radicali americane.

Trump vs Biden

Nel mezzo, non può mancare il ruolo della giustizia ed è notizia di pochissime ore fa l’arresto di Donald Trump ad Atlanta, con rilascio dopo 20 minuti di fermo su cauzione. L’accusa? L’aver tentato insieme ad altri 18 alleati di ribaltare il voto in Georgia nel 2020. Un attacco preceduto dalla lettura dei 13 capi di imputazione, tra i quali cospirazione e violazione della legge anti racket, ed infine la storica fotografia segnaletica che nessun ex presidente aveva mai avuto.

Ma ciò che interessa è proprio il trattamento mediatico che, da una parte, è stato riservato al Tycoon e dall’altra all’attuale presidente americano. Degli scandali del figlio di Joe, Hunter Biden, non se ne sente quasi mai parlare, nonostante sia concreta l’ipotesi che il neo procuratore speciale, David Weiss, possa contestare ad Hunter accuse fiscali a Washington o in California, dopo il fallimento dell’accordo di patteggiamento in Delaware, lo stato del padre presidente. A ciò, si affiancano gli ormai celeberrimi Twitter Files di qualche mese fa, dove Elon Musk mostrò come la piattaforma social Twitter insabbiò lo scandalo della famiglia Biden durante il periodo di campagna elettorale 2020, oscurando pure le notizie del Ny Post.

Per approfondire:

Bavaglio mediatico

Insomma, un caso di vero e proprio bavaglio mediatico, che però non interessò la stampa progressista così come, al contrario, sta accadendo in queste ultime ore con Donald Trump. Rimane solo una domanda: cosa sarebbe successo se, viceversa, fosse stato il volere del Tycoon (o di un social a trazione repubblicana) a limitare la diffusione delle notizie di un giornale oppure a tentare di insabbiare uno scandalo? Saremo dei pessimisti, ma dubitiamo che il mondo della comunicazione avrebbe agito in modo così garantistico, come sta avvenendo invece con la famiglia dell’attuale numero uno della Casa Bianca.

Ed è su questo sfondo che è passata in sordina l’attacco dello speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, il quale ha sollevato la possibilità di dare inizio alla procedura d’impeachment nei confronti di Joe Biden, a meno che sia il presidente a fornire documenti contabili in grado di escludere il suo coinvolgimento negli affari del figlio. Il tutto dovrà avvenire entro il mese prossimo, ovvero nel momento della riapertura del Congresso. Una notizia omessa dai big del giornalismo, ma che comunque ha il sapore di doccia fredda per i democratici.

Matteo Milanesi, 26 agosto 2023