Ieri alle 11:21 ora di Gerusalemme, è decollato dall’aeroporto Ben Gurion il volo ELAL-LY 971 Tel Aviv- Abu Dhabi con arrivo previsto alle ore 15:17. Per chi ha a cuore la pace e la stabilità del Medioriente questo volo è il simbolo della speranza, è la prova che non bisogna mai lasciare nulla di intentato pur di trovare un motivo per andare d’accordo con il vicino. Il volo di oggi, sul quale hanno preso posto sia la delegazione statunitense guidata da Jared Kushner, il marito di Ivanka la figlia del Presidente Donald Trump, che la delegazione israeliana incaricata dal Primo Ministro Netanyahu, non è solo un simbolo ma un evento che, spero, i nostri nipoti potranno studiare sui libri di storia.
Ma non è tutto, l’aereo della ELAL, per la prima volta dalla fondazione di Israele, dopo aver sorvolato la Giordania è entrato, con il permesso di Riyad, nello spazio aereo saudita. Particolare questo che rende la notizia ancora più importante e la riempie di ulteriore speranza. Anche perché, e questo non è un segreto, il Presidente Trump ha fatto, e sta ancora facendo di tutto, per convincere i sauditi a inviare una delegazione negli Emirati Arabi Uniti. Se non proprio per una normalizzazione con lo Stato Ebraico, almeno per ufficializzare i contatti che da alcuni anni vanno avanti fra il governo israeliano e quello saudita. Riprendendo un antico proverbio arabo Yitzhak Rabin disse: “Se vivi su un’isola, fai amicizia col mare”, e se Israele è un’isola ebraica in mezzo al mare dell’Islam, pur riservandosi sempre il diritto all’autodifesa, a prescindere da chi fosse stato al governo in un dato momento storico, non ha mai fermato la sua ricerca della pace con i vicini.
Non si è mai fermata davanti all’intransigenza araba e ha sempre ignorato i tre “No” di Khartoum, quelli che furono emanati il 1 settembre 1967 dalla Lega Araba a conclusione del vertice che si tenne nella capitale sudanese. Tre “No” che recitavano: “Nessuna pace con Israele, nessun riconoscimento di Israele, nessun negoziato con esso …”, tre “No” che da allora sono stati la causa di tanti lutti, guerre e distruzioni. Israele però è rimasta in attesa del momento giusto per cambiare l’intransigenza in dialogo, prova ne sono gli accordi di pace con Egitto e Giordania, accordi per la verità molto tiepidi ma che, almeno fino ad oggi, sono riusciti a superare indenni anche periodi molto critici.
Ma anche se i tre “No” sono stati la base di lutti, guerre e distruzioni, oggi li vogliamo dimenticare. Oggi, anche se il rischio che pesanti delusioni possano attenderci dietro al prossimo angolo, vogliamo credere che qualcosa stia cambiando: che sarà presto possibile entrare a Dubai con il passaporto israeliano e a Gerusalemme con quello degli Emirati Arabi e perché no, anche in Arabia Saudita, Oman e Bahrein. Lo storico volo di oggi ha il numero 971, il prefisso telefonico degli Emirati, e al suo ritorno avrà il 972, quello di Israele. E se sul finestrino del pilota è stata scritta la parola pace in arabo, in inglese e in ebraico, questo gesto non è un semplice slogan, ma una preghiera che il Boeing denominato Kiriat Gat ha portato alto in cielo, più vicina a Dio o Allah, non fa differenza.
Preghiera che possa aiutare noi poveri umani che viviamo in questo angolo di mondo a passare le nostre brevi esistenze in pace e senza prevaricazioni, nella libertà reciproca di pregare ognuno a modo suo, in libertà e rispetto per il vicino. Cosa che secondo logica dovrebbe essere normale, ma che invece da troppi anni non viene purtroppo applicata.
Di motivi per polemizzare anche su questo, che è un giorno di festa perché porta un po’ di pace agli uomini di buona volontà, ce ne sarebbero tanti. Per esempio al Presidente Trump, vero architetto di questa trattativa, non verrà probabilmente assegnato il Premio Nobel per la Pace. Ma non importa, perché ogni vita che verrà salvata sarà un premio più importante, ogni accordo siglato sarà più importante, e se sulla scia lasciata da questi storici accordi anche altre nazioni arabe un giorno si accoderanno nel riconoscimento di Israele come parte fondamentale del Medioriente spezzando e cancellando, una volta per tutte, quei tre “No” di tanto tempo fa, quel giorno sarà un giorno benedetto da Dio o da Allah… non fa differenza.
Michael Sfaradi, 1° settembre 2020