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Trump, un boomerang per la destra?

Donald Trump © LPETTET tramite Canva.com
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La recente sfuriata di Trump nei confronti di Zelensky nello Studio Ovale è l’ennesima dimostrazione di come l’imprevedibilità e l’eccentricità del presidente americano non rafforzino la destra negli Stati Uniti e, forse, a livello globale. Al contrario, certi atteggiamenti rischiano di condannarla a un futuro di isolamento politico e di progressiva irrilevanza.

Questi comportamenti destabilizzano soprattutto coloro che hanno sostenuto Trump (e mi annovero tra questi, sebbene la lettura delle opere di Bob Woodward e Michael Wolff mi avesse indotto a un cauto scetticismo), più di quanto non danneggino le sinistre internazionali. Queste ultime, infatti, non perdono l’occasione per sfruttare simili episodi per rafforzare la narrativa secondo cui la propria offerta politica sarebbe più solida e responsabile.

Pertanto, l’era di Trump, per sua natura destinata ad avere un inizio e una fine, rischia di arrecare più danni alla destra che ai suoi avversari, minandone la credibilità e la possibilità di affermarsi come una forza politica stabile e duratura. Va chiarito che Trump non ha inventato nulla: la politica estera statunitense, sia sotto amministrazioni repubblicane che democratiche, non è mai stata ispirata da un disinteressato idealismo. Gli Stati Uniti, quando impiegano risorse militari ed economiche nel contesto internazionale, lo fanno sempre con un obiettivo di ritorno strategico, prevalentemente economico, per certi versi perfino legittimo.

Ciò che distingue Trump dai suoi predecessori è la brutalità con cui rende palese questa logica di potere. Il pragmatismo ostentato della sua politica lo porta a dichiarazioni e atteggiamenti che vorrebbero normalizzare proposte surreali, come ribattezzare il Golfo del Messico, annettere la Groenlandia o trasformare Gaza in un resort, previo trasferimento altrove di milioni di abitanti. Eppure, malgrado tutto, dobbiamo riconoscere che l’Europa non può prescindere dagli Stati Uniti come principale partner strategico. Il legame transatlantico resta irrinunciabile per la sicurezza e la stabilità del continente.

Tuttavia, è necessario avviare una fase più matura di questa “amicizia”, fondata sul riconoscimento della pari dignità dell’Italia e dell’Europa come attore geopolitico autonomo. L’Italia e l’Europa non possono più accettare un ruolo subordinato, ma devono adoperarsi per costruire un rapporto più equilibrato, basato su un autentico rispetto reciproco degli interessi nazionali.

Giorgio Carta, 2 marzo 2025

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