Esteri

Tucker Carlson intervista Putin: cosa rischia (tra sanzioni e omicidio)

Lo scoop del giornalista americano non è piaciuto a Bruxelles: voci su un possibile “travel ban”

Tucker Carlson

Il giornalista americano Tucker Carlson ha messo a segno lo scoop bramato da quasi tutti i giornalisti occidentali: intervistare Vladimir Putin. A prescindere dal giudizio sulla guerra in Ucraina, ottenere il punto di vista del presidente russo senza il filtro – si fa per dire – della propaganda del Cremlino, è il desiderio di molti. Mosca ha confermato quella che diventerà la prima chiacchierata con un giornalista occidentale dall’inizio del conflitto, febbraio 2022. L’americano, licenziato l’anno scorso dalla rete conservatrice Fox News, ha confermato che l’intervista sarà trasmessa “presto”, in un unico blocco e senza censura, ma non in diretta. Il cronista vicino a Donald Trump potrebbe renderla pubblica giovedì 8 febbraio e il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha negato che Carlson abbia una posizione “filo-russa” assicurando che Putin ha accettato di parlare con lui perchè la sua posizione è lontana da quella degli altri giornalisti anglosassoni: “La sua posizione è diversa dalle altre. Non è nè filorussa nè filoucraina, ma piuttosto filoamericana, ma almeno contrasta con la posizione dei media anglosassoni tradizionali”.

Tucker Carlson è arrivato in Russia il 3 febbraio e aveva già espresso in passato il desiderio di intervistare il capo del Cremlino, che aveva parlato l’ultima volta con un giornalista occidentale nell’ottobre 2021. Ma ora, a causa di questa intervista, il giornalista pro-Trump è finito nel mirino dell’Unione europea. Secondo quanto rivelato dall’ex primo ministro belga e attuale membro del Parlamento europeo Guy Verhofstadt ai microfoni di Newsweek, è stata inoltrata richiesta per un “travel ban” nei confronti di Carlson, definito un “portavoce” di Trump e di Putin: “Poiché Putin è un criminale di guerra e l’Ue sanziona tutti coloro che lo fiancheggiano, sembra logico che il servizio per l’azione esterna esamini anche il suo caso”.

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Il braccio diplomatico dell’Ue – l’EAS (External Action Service) – prevede che affinchè un individuo possa essere aggiunto all’elenco delle sanzioni, è necessario presentare delle prove: se ritenute sufficienti, l’ente responsabile della politica estera di Bruxelles potrebbe presentare il caso al Consiglio europeo (l’organismo composto dai leader nazionali dell’Ue) che prende la decisione finale sull’eventuale imposizione di sanzioni. Pertanto, la strada verso le sanzioni e il “travel ban” è lunga e tortuosa, anche se l’iniziativa avesse un sostegno sufficiente tra i legislatori e i capi di stato europei. Un funzionario diplomatico europeo, che non ha preferito mantenere l’anonimato, ha aggiunto che eventuali future restrizioni ai viaggi richiederebbero probabilmente la prova che Tucker Carlson sia in qualche modo collegato all’aggressione di Mosca nei confronti di Kiev, qualcosa che “è assente o difficile da dimostrare”.

La posizione di Verhofstadt trova consensi. L’ex eurodeputato Luis Garicano ha evidenziato: “Non è più un giornalista, ma un propagandista del regime più odioso sul suolo europeo e quello più pericoloso per la nostra pace e sicurezza”. L’eurodeputato Urmas Paet, ex ministro degli Esteri dell’Estonia, ha rimarcato: “Prima di tutto, va ricordato che Putin non è solo il presidente di un paese aggressore, ma è ricercato dalla Corte penale internazionale e accusato di genocidio e crimini di guerra. Carlson vuole dare una piattaforma a qualcuno accusato di crimini di genocidio: questo è sbagliato. Se Putin ha qualcosa da dire, deve dirlo davanti alla Corte penale internazionale. Allo stesso tempo Carlson non è un vero giornalista poiché ha ha espresso chiaramente la sua simpatia per il regime russo e per Putin e ha costantemente denigrato l’Ucraina, vittima dell’aggressione russa. Quindi, per tale propaganda a favore di un regime criminale, si può finire nell’elenco delle sanzioni. Ciò riguarda principalmente il divieto di viaggiare nei paesi dell’Ue”.

Probabilmente la vicenda si chiuderà con un nulla di fatto, ma è il principio a spaventare: realizzare un’intervista – seppur a Vladimir Putin – potrebbe fare finire chiunque nella blacklist di Bruxelles.  Una stortura che deve fare riflettere, perchè mina la libertà e l’indipendenza dei professionisti a prescindere dall’orientamento politico. Anche perchè lo stesso discorso potrebbe valere per chi ha intervistato Lavrov, Peskov e gli altri collaboratori di Putin.

Massimo Balsamo, 8 febbraio 2024

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