Giustizia sì, ma non facciamoci influenzare dalla propaganda e diciamo le cose come stanno. Opporsi alla riforma della giustizia proposta dal ministro Carlo Nordio: non è vero che è tutta la magistratura e neppure una sua parte è consistente, bensì il solo gota della corrente di ultrasinistra Magistratura democratica che pur non rappresentando la maggioranza dei diecimila magistrati italiani ha preso da anni il controllo mediatico e politico della categoria.
Quindi non è corretto dire magistrati contro Nordio, bensì toghe rosse contro Nordio e ancora più precisamente PM toghe rosse contro Nordio.
Già perché la sinistra è giudiziaria inquirente, teme di perdere con la riforma parte del potere parallelo che ha esercitato da 30 anni a questa parte per influire sulle dinamiche della politica, sostituendosi all’occorrenza alla sinistra parlamentare quando questa si è trovata in situazione di chiaro impasse. A tal proposito basterebbe rilevare come il più acceso oppositore della riforma sia Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, che più che per le sue inchieste è noto per essere stato stretto collaboratore di Andrea Orlando, capo bastone del Pd, quando questi era ministro della giustizia.
E il grave che a lamentarsi della riforma sono proprio coloro che impedendo, anche con minacci e ricatti qualsiasi tentativo di riforma, hanno trascinato a fondo la giustizia italiana sia dal punto di vista dell’efficienza, siamo maglia nera per la durata dei processi, che della correttezza l’Italia ha il record in giuste detenzioni e di processi finiti nel nulla.
Insomma, Santalucia e compagni mi sembrano come quei falliti che pretendono di spiegare al mondo come si conduce un’azienda al successo, come quella squadra a retrocessa che sostiene di sapere come si vince il campionato. In altre parole, dei tromboni senza vergogna. Non dico tanto, ma un minimo di autocritica e un po’ di senso della misura, perché loro sono stati, risulta per tabula, gli artefici del famoso sistema Palamara, di più, loro sono stati il perno e il motore di quel sistema anche se oggi provano a disconoscerlo con la complicità dei loro autorevoli gazzettieri. Se la magistratura fosse un’azienda, questi signori andrebbero licenziati, se non arrestati, per bancarotta fraudolenta, altro che ergersi a difensori della Costituzione e della democrazia.