Senza se e senza ma sto col generale Roberto Vannacci. Non sono uso a pronunciare le prime cinque parole d’inizio di questo articolo, ma stavolta ci stanno. E sto col generale prima ancora di aver letto il suo libro. Perché se le motivazioni per condannarlo sono quelle espresse da chi lo ha condannato, allora il libro non è da condannare perché quelle motivazioni sono di tutta evidenza o bugiarde a bella posta o enunciate da chi s’è fidato delle parole d’altri senza essersi dato la pena di controllare. Vediamo allora cosa hanno scritto i detrattori.
Cito Repubblica in titolo e sottotitolo: “Cari omosessuali non siete normali”. E ancora: “Paola Egonu? I suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”. Le due frasi virgolettate sono vere. Direte voi che la cosa dipende da come quelle frasi sono poi commentate dall’autore, però Repubblica ha scelto quelle frasi e non altre. Quindi per Repubblica ciò che fa notizia è il fatto che uno abbia detto frasi vere. Cioè v’è una realtà che non piace (o, comunque, non piace a Repubblica) e per ciò stesso non deve essere neanche enunciata.
Ora, Repubblica non fa testo: il quotidiano romano è avvezzo a questo tipo di cose. Una volta io dovevo presentare una relazione ad una Conferenza sul clima organizzata dall’Accademia dei Lincei. Il testo della relazione era stato invitato al Comitato scientifico della Conferenza e questo lo aveva accettato. Non appena a Repubblica seppero del mio intervento, si preoccuparono subito di titolare adeguatamente un articolo contro l’Accademia, colpevole, a loro dire, di far parlare me: «I Lincei fanno parlare il ‘negazionista’ Battaglia», scrissero. Poco contava che l’Accademia avesse già vagliato il mio articolo (che era firmato anche da un professore di geologia già magnifico rettore di una università e da un professore di climatologia), e ancor meno contava ciò che avrei detto: la cosa importante era gettar fango su di me e screditare l’Accademia.
La prima cosa che ho sentito i telegiornali riportare la notizia del libro di Vannacci dicevano che il Generale si crede Giulio Cesare. Detta così suona come una buona versione alternativa per le barzellette su quelli che si credono Napoleone. Ed è stata detta così? Sì, è stata detta così. Dal Corriere della Sera (copyright tale Aldo Cazzullo): «Vannacci rivendica l’eredità di Giulio Cesare, forse il più grande comandante militare mai esistito; e qui possiamo sorridere serenamente». Il messaggio è chiaro: Cesare è stato il più grande comandante militare mai esistito, Vannacci è un comandante militare, a noi vien da ridere (o sorridere)».
Sull’argomento interviene anche il Fatto Quotidiano, che quanto a perspicacia batte tutti: «Ma Vannacci sa che Giulio Cesare era bisex?». Come dire: ma quanto ti contraddici, tu che punti il dito contro i bisex ed esalti Giulio Cesare che era bisex. Basterebbe forse un po’ di perspicacia per chiedersi se veramente Vannacci aveva puntato il dito “contro” i bisex. Infatti la risposta sarebbe negativa, ma ormai è stato de coram populo deciso che Vannacci è contro tutti coloro che non sono eterosessuali.
Il libro di Vannacci si può acquistare su Amazon. Ove si possono leggere i commenti dei clienti Amazon. Oltre il 90% lo hanno votato con cinque stelle e il 5% con una stella. La cosa è irrilevante, ma il mio punto è un altro: tutti quelli che lo hanno votato con cinque stelle hanno acquistato e letto il libro (acquisto verificato), mentre nessuno di quelli che lo ha votato con una sola stella risulta tra gli acquisti verificati, (eccetto due che però hanno dichiarato di non averlo ancora letto). Inoltre, i commenti di chi ha votato una sola stella sono più che altro insulti gratuiti, privi di alcuna argomentazione. Ma è vero che Vannacci si crede Napoleone (pardon Giulio Cesare), che ce l’ha coi gay e coi neri? Vediamo.
La vera frase incriminata su Giulio Cesare è questa: «Considero la mia cultura un dono che i nostri avi ci hanno tramandato con cura e che dobbiamo custodire gelosamente. Sì perché, forse ingenuamente, illudendomi un po’, ritengo che nelle mie vene scorra una goccia del sangue di Enea, di Romolo, di Giulio Cesare, di Dante, di Fibonacci, di Giovanni dalle Bande Nere e di Lorenzo dei Medici, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo e di galileo, di Paolo Ruffini, di Mazzini e di Garibaldi». Giudicate voi. Quella sugli omosessuali non normali è: «Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione». Ora, la frase è di per sé vera: mettendoli tutti insieme, i Lbgtq+ sono meno del 7%. Quindi la condizione Lbgtq+ è una condizione non normale, sicuramente nel senso statistico del termine. Io, per esempio, con oltre 6 diottrie di astigmatismo, non sono normale.
Avesse scritto “non naturale”, la frase sarebbe stata, più che oggetto di critiche di natura etica, decisamente falsa. Ma Vannacci è molto attento, perché, dopo aver correttamente argomentato la valenza statistica tra chi è eterosessuale e chi è tutto il resto (lui scrive Lgbtq+++, «per essere sicuro di averci messo tutti»), ha scritto: «L’omosessualità è sempre esistita». E giù con considerazioni storiche e statistiche. E oltre: «È palese che l’orientamento sessuale attiene alla sfera delle preferenze, dei gusti e delle percezioni e, quindi, non è sindacabile». Ma continua: «La normalità è diversa dalla naturalità». E, oltre: «Quel che è curioso e paradossale è la strategia di far passare tutto ciò che non è etero come normale e, al contempo, di discriminare come anormali, malati, disagiati tutti quelli che esprimono opinioni non positive nei confronti del pianeta Lgbtq+». Insomma il problema sollevato dal Generale dovrebbe sembrare evidente – almeno a chi ha orecchie per intendere.
Quanto a Paola Egonu (che, rammentiamolo, è di genitori nigeriani ed è diventata cittadina italiana all’età di 16 anni): la giovane atleta non ha i caratteri somatici tipici italiani. Una frase innocente e vera, che dà travasi di bile a chi fa un quarantotto per preservare il cappero di Pantelleria e il pistacchio di Bronte. Io non sono uno sportivo, nel senso che non seguo lo sport né alla tv né negli stadi, e nulla mi cale di sport. Ma un argomento di riflessione per gli sportivi potrebbe essere questo. Da quel che capisco, per la prima volta nella storia della pallavolo, la nazionale italiana ha vinto i mondiali under-18, e questo grazie alla Egonu. La domanda di riflessione è questa: se diamo la cittadinanza italiana al più alto dei Watussi, l’uomo più alto del mondo è poi italiano? Non c’è bisogno che mi rispondiate perché non me ne frega niente, però parlatene col Generale.
Viviamo in una Italia dalla cultura provinciale. Ove basta dire, che so, “io sono monarchico” o “io sono favorevole alla pena di morte” per essere messi alla gogna. Anche per molto meno. Un giornalista di Repubblica, anche se scrive da cani, passa inosservato, ma un giornalista del Giornale è tutta un’altra musica: “eh, ma quello scrive per il Giornale…”. Siamo dei provinciali e, quel che è peggio, crediamo di essere l’ombelico del mondo. Ma il Generale nella prefazione mette in guardia: «si consiglia la lettura ad un pubblico adulto e maturo». Caro Generale, avrebbe dovuto scriverlo in altra lingua. Ancora non ho letto il libro ma… evviva il generale Roberto Vannacci, che scriva egli quel che gli pare!
Franco Battaglia, 24 agosto 2023