Il racconto della crisi di governo, stavolta, è un esercizio di cronaca quasi imbarazzante da fare nel suo garbuglio di rivendicazioni reciproche tra forze politiche, guerre puniche sui nomi e sulle caselle. È tutto molto diverso rispetto al passato, perché con una maggioranza di governo che sta con l’acqua alla gola e lotta in queste ore per risalire rischia di andar giù tutto il Paese. Ripercorriamo le immagini di questi giorni.
Consultazioni al Quirinale, com’è di prammatica, e poi consultazioni alla Camera nell’esplorazione cui è stato incaricato Roberto Fico. E ancora il tavolo sul programma, tra dirimpettai che si odiano tipo assemblea condominiale di Fantozzi. E poi c’è il Paese là fuori, che aspetta. E non è retorica né demagogia, ma realtà. Lo dicono i provvedimenti in ritardo, finite nel tritacarne delle liti di questi giorni. Il decreto per un nuovo rinvio delle cartelle esattoriali è stato approvato, sì. Ma è solo una parte del tutto. Avrebbe dovuto vedere la luce il decreto Ristori Quinques, nato sulla necessità di dare risposta alle nuove restrizioni natalizie. E invece nulla. Per tutti i mesi della pandemia le associazioni d’impresa hanno chiesto puntualmente che le limitazioni fossero contestuali ai rimborsi. E puntualmente non è avvenuto.
Così, quando a ridosso delle Feste è stato sancito il nuovo ciclo di limitazioni, con la zona rossa nei giorni clou che ha di fatto strozzato il comparto di bar, ristoranti, hotel, il ministro dell’Economia Gualtieri prometteva: “A gennaio proseguiremo la nostre azione di sostegno con un nuovo intervento per completare il quadro dei ristori”. Gennaio è passato e Amen. Così come c’è tutto il capitolo, doloroso dei decreti attuativi e di quelle norme di completamento delle misure varate. Un tema annoso, e non certo riguardante soltanto questo governo. Ma non può non rilevare come, secondo il Sole 24 Ore, l’attuazione di questi provvedimenti, nell’ambito dei vari decreti approvati in fase di emergenza sotto pandemia, copra appena il 29%. Sul decreto rilancio, per dire, su un totale di 137 decreti attuativi, 52 non sono stati ancora adottati, di questi 23 sono scaduti.
Un ritardo che si traduce in effetti pratici per chi ogni giorno deve affrontare lo tsunami della crisi. Un esempio? L’anno bianco delle partite Iva, sancito dalla legge di bilancio, che comporta un esonero su parte dei contributi previdenziali. Un miliardo è stato stanziato in manovra, con un certo apprezzamento bipartisan, ma manca appunto il decreto attuativo. E i potenziali beneficiari aspettano che lor signori, con comodo, si mettano d’accordo per le poltrone.
Pietro De Leo, 2 febbraio 2021