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Tutte le ipocrisie dei censori di Trump

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L’editore Simon & Schuster ha annullato la pubblicazione del libro del senatore repubblicano Josh HawleyThe Tyranny of Big Tech – reo di aver salutato, in segno di solidarietà, i sostenitori di Trump che si accalcavano nell’area antistante Capitol Hill e di essersi opposto ai risultati delle elezioni presidenziali del 3 novembre. Nel comunicato stampa della casa editrice si dichiara che «sarà sempre la nostra missione amplificare una varietà di voci e punti di vista: allo stesso tempo prendiamo sul serio la nostra responsabilità pubblica verso i cittadini e non possiamo sostenere il senatore Hawley dopo il suo ruolo in quella che è diventata una pericolosa minaccia per la nostra democrazia e libertà».

La prima flagrante contraddizione, che si desume dalla decisione censoria dell’editore, sta nell’ostracismo di una voce in nome della difesa della libertà. Chi si proclama paladino della democrazia non può contemporaneamente negare l’espressione del pluralismo che ne rappresenta la sostanza. Non è credibile un editore che si richiama alla difesa della democrazia per esercitare una sorta di apartheid culturale verso un senatore, dissacrando la liturgia democratica che ha nel suo dna la libertà di opinione. Il bavaglio non è un simbolo celebrativo di quei valori democratici in nome dei quali si autorizza, fraudolentemente, il boicottaggio dei rappresentanti di una corrente di pensiero. In tale incoerenza logica si insinua il rischio che la democrazia possa precipitare su un pericoloso crinale, finendo sabotata da chi agisce in suo nome usurpandone l’autenticità.

Sta prendendo sempre più piede una doppia morale per cui viene revocato il profilo di Facebook del presidente in carica degli Stati Uniti, Donald Trump, che si è sempre sottoposto ad uno schema democratico, e si tollera la permanenza sui canali social dei prevaricatori dei canoni liberali che in modo plateale sfidano i contenuti democratici come il dittatore venezuelano Maduro, il satrapo turco Erdogan, l’ayatollah Ali Khamenei e gli account del radicalismo islamico.

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