Che la parabola bianconera di Massimiliano Allegri fosse irrimediabilmente nella sua fase discendente era cosa ormai sotto gli occhi di tutti; già da mesi si parlava di una più che probabile separazione a fine stagione tra la Vecchia Signora ed il tecnico livornese con Thiago Motta (attualmente alla guida del Bologna) indicato come il prescelto dalla società per raccoglierne l’eredità e pronto ad aprire un nuovo ciclo in casa Juventus.
Era però pressoché impossibile anche solo immaginare che l’Allegri-bis potesse concludersi in modo così traumatico e burrascoso, peraltro a distanza di pochi giorni da quello che a tutti gli effetti è stato il punto più alto del suo triennio bianconero, culminato con la vittoria della Coppa Italia ai danni di una lanciatissima (e sulla carta favorita) Atalanta.
Il comportamento a dir poco “rivedibile” e sopra le righe del tecnico, sia durante che soprattutto al termine della finale, ha prodotto una frattura insanabile con il club ed accelerato bruscamente la fine di un matrimonio che sarebbe comunque terminato a fine stagione, verosimilmente con una modalità più “soft”. A conti fatti sono risultati fatali ad Allegri sia lo scontro verbale nei confronti della terna arbitrale (che ha portato all’espulsione dello stesso tecnico nel recupero) che la lite consumatasi nel post partita con il direttore di Tuttosport di cui tanto si è parlato.
E nel comunicare l’esonero di Allegri, la società ha esplicitamente preso le distanze dal comportamento dell’allenatore, facendo riferimento a comportamenti ritenuti non compatibili con i valori del club. Parafrasando il tutto, possiamo affermare che il tecnico, con la propria condotta, ha per certi versi fatto un assist al club, creando i presupposti per il divorzio a sole due giornate dalla fine del campionato; e paradossalmente ciò è accaduto dopo che la Vecchia Signora è tornata ad alzare un trofeo a distanza di tre anni dall’ultima volta (Coppa Italia 2021 con Pirlo in panchina).
Difficile pensare che non ci saranno strascichi, anche di natura legale, in questa separazione tra club e allenatore; Allegri è forte di un contratto con scadenza giugno 2025 e pertanto resta da capire quale sarà il punto di caduta per un accordo tra le parti. Soprattutto se non troverà una nuova collocazione in panchina in tempi brevi, è verosimile che il tecnico punti ad esigere quanto a lui spettante fino alla scadenza naturale del rapporto; dal canto suo il club, potrebbe fare leva proprio sul comportamento di Allegri (evocando quindi lo scenario del licenziamento per giusta causa) puntando a limitare l’esborso per le casse societarie.
Ironia della sorte, il prossimo turno di campionato prevede un succulento Bologna-Juventus al Dall’Ara per quella che oltre ad essere una sfida decisiva per il 3° posto sarebbe stata l’occasione per vedere l’uno contro l’altro Allegri e Thiago Motta, in un ideale passaggio di consegne tra il presente (ormai divenuto passato) ed il futuro della Vecchia Signora. Detto di questo epilogo inatteso, quale può essere il bilancio dell’Allegri-bis bianconero?
Dati alla mano, non si può non evidenziare come i risultati siano stati al di sotto delle attese; eccezion fatta per il trionfo in Coppa Italia, questo triennio verrà inevitabilmente ricordato come un periodo in chiaroscuro. Anche se resta il dubbio che le aspettative, vuoi per il passato glorioso di Allegri in bianconero e per il contratto pesante sottoscritto dal tecnico (un quadriennale a cifre importanti), vuoi per il blasone e la storia del club, fossero eccessive in rapporto alle reali potenzialità della rosa.
Allegri poteva (e forse doveva) fare meglio, ma al tempo stesso va sottolineato come non ci fossero le condizioni di base per pensare ad una Juventus in grado di dominare e fare incetta di trofei come ai tempi dell’Allegri-uno. Peraltro il tecnico ha con ogni probabilità pagato lo scotto dell’essere stato scelto da una dirigenza diversa rispetto a quella attuale, rappresentando di fatto uno dei pochi anelli di congiunzione tra il “vecchio” ed il “nuovo” corso della Vecchia Signora.
Ed in ogni caso va riconosciuto ad Allegri il merito, soprattutto nella stagione passata, di essere riuscito, grazie alla propria figura e alla propria leadership, a barcamenarsi in un contesto a dir poco disordinato e caotico per via delle note vicissitudini societarie (culminate con una rivoluzione nell’organigramma del club) ed extra sportive (con tanto di penalizzazione inflitta alla Vecchia Signora).
Andando a vedere quanto ottenuto sul campo, il tecnico “avrebbe” sempre conquistato un piazzamento Champions; usiamo il termine “avrebbe” in quanto nella stagione passata, per effetto della penalizzazione di 10 punti ricevuta, la Juventus ha chiuso il campionato al 7° posto (senza penalizzazione sarebbe finita tra le prime quattro) ed è stata estromessa per un anno dalle competizioni europee.
Anche escludendo questa penalizzazione, il rendimento della squadra è stato tendenzialmente stabile nel triennio e non si sono registrati acuti; media di 1,84 punti nel primo anno (2021/2022), salita ad 1,89 nella seconda stagione e attestatasi a quota 1,86 nel terzo ed ultimo anno. E probabilmente proprio lo sviluppo del campionato in corso lascerà alcuni rimpianti ad Allegri; dopo aver duellato per quasi due terzi della stagione con l’Inter in chiave scudetto, i bianconeri si sono improvvisamente sciolti come neve al sole, scavalcati prima dal Milan ed ora a rischio sorpasso anche da parte di un Bologna che vola sulle ali dell’entusiasmo.
Lacunoso poi il percorso nelle coppe europee nelle 2 stagioni in cui vi ha preso parte. Fuori agli ottavi di Champions con il Villarreal al primo tentativo, nella stagione successiva i bianconeri sono usciti ai gironi e dopo la retrocessione in Europa League sono stati eliminati in semifinale dal Siviglia. Oltre a risultati sportivi non particolarmente brillanti, si sono rivelati punti deboli dell’Allegri-bis sia la proposta di calcio offerta che le difficoltà nel valorizzare al meglio i big della rosa.
In tanti hanno contestato ad Allegri uno stile di gioco eccessivamente remissivo (quasi al limite del “non gioco”), raramente piacevole e soprattutto con un approccio da “provinciale”, in cui si lasciava spesso e volentieri l’iniziativa all’avversario e si giocava maggiormente di rimessa; il fatto poi che ad un gioco per così dire “rivedibile”, si siano affiancate poche soddisfazioni a livello di trofei e vittorie, ha contribuito a montare malcontento e insoddisfazione nell’ambiente e tra i tifosi bianconeri.
Lo stile di gioco impostato da Allegri sicuramente non ha giovato ad alcuni tra i giocatori più rappresentativi del club (nonché investimenti importanti della storia recente bianconera); Vlahovic, che pure ha disputato una buona stagione ed è risultato decisivo con l’Atalanta, è stato spesso costretto ad agire lontano dalla porta. Chiesa è risultato penalizzato da un modulo a lui non congeniale e che non ne ha esaltato le doti tecniche; Locatelli ha subito una forte involuzione e non è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista nel centrocampo della Vecchia Signora.
Nonostante il destino di Allegri fosse ormai segnato da tempo, resta comunque il rammarico, soprattutto a livello umano, per lo sfortunato epilogo finale della storia tra il tecnico ed i bianconeri, epilogo certamente non all’altezza né del club né (soprattutto) di colui che resterà uno degli allenatori più vincenti della storia juventina. E più in generale l’andamento dell’Allegri-bis conferma una volta di più come i “ritorni” eccellenti, nella storia del calcio, raramente siano fortunati e soprattutto produttivi in termini di risultati.
Enrico Paci, 18 maggio 2024
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