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Tutti i “fascisti” d’Europa che la sinistra non vede

Macron, Frederiksen, Sunak immigrazione © sasirin pamai's Images tramite Canva.com

I popoli europei stanno iniziando a capire. A capire che, per quanto la retorica umanitaria sia attraente e un sicuro lavacro per le coscienze, essa non può più reggere. Sull’immigrazione infatti l’Italia è in buona compagnia quanto a posizioni critiche. Sempre che di posizioni critiche si possa parlare nel nostro caso. Recentemente ha sorpreso tutti la nuova legge sull’immigrazione voluta da Macron, nella civilissima e progredita Francia, il paese che più di altri spesso e volentieri ci ha redarguito per le idee poco “aperturiste” dei nostri politici esponenti della destra.

Proprio Macron l’ha voluta questa legge, e ha trovato persino il favore di Marine Le Pen e del suo Rassemblement di orchi fascisti secondo la vulgata di casa nostra. A far discutere sono le nuove regole in tema di ius soli (non più automatico), l’introduzione di un primato per le famiglie francesi per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione e l’assegnazione di alloggi popolari e la creazione di quote di immigrazione (ossia quanti ne possono arrivare). Certo Macron non può essere tacciato di simpatie fasciste o xenofobe, tuttavia tale legge è stata approvata sotto la sua presidenza. Ma i cugini d’oltralpe non sono affatto soli ad aver abbracciato questa tendenza critica verso l’immigrazione incontrollata.

La Danimarca ha rafforzato, e di molto, la sua stretta sui clandestini. La cittadinanza verrà concessa solo dopo aver superato dei test in cui occorre dimostrare di conoscere la storia e la lingua danese. Occorrono almeno 19 anni di residenza sul territorio e bisogna avere un lavoro. Inoltre si prevede di ridurre le unità abitative nei quartieri dove gli immigrati costituiscono la maggioranza della popolazione.

La Svezia non è da meno. Un tempo paese simbolo del multiculturalismo e del progressivismo scandinavo, oggi questa nazione sta ripensando le sue politiche in tema di immigrazione, complice forse lo spettacolo del degrado di molti quartieri delle città svedesi. Che di svedese non hanno più nulla, dove nemmeno la polizia entra più.

E che dire dell’Inghilterra? La proposta del primo ministro Sunak di deportare i clandestini in Ruanda è stata bocciata dalla Corte suprema inglese, ma entrare nel paese non è mai stato così difficile come adesso.

Tutti fascisti? Forse. Se la retorica che si usa in Italia per attaccare chiunque voglia ristabilire un minimo di controllo su chi entra in questo paese è quella del fascista-xenofobo, allora tale visione dovrebbe applicarsi anche a molti paesi europei. Alcuni peraltro di tradizione liberale molto più avanzata della nostra. Di certo l’Inghilterra non può dirsi un paese fascista come non lo si può dire del suo premier di origine indiana. Così come questa narrazione non regge nel caso di Macron, simbolo di un progressismo postmoderno amorfo e de-ideologizzato.

Tutti pazzi allora? Anche questa è una legittima visione. Forse è più probabile pensare che in questi paesi, dove l’immigrazione è un problema molto sentito e forse più metastatizzato che da noi, i popoli siano stanchi. Stanchi di una retorica sull’accoglienza indiscriminata e deleteria che trasforma in un mostro chi aspira ad un po’ di legalità e al controllo sulle frontiere, vero simbolo della sovranità di uno Stato. Una nazione non è un porto d’attracco. Controllare chi vi arriva e chi vi risiede è il compito di qualunque governante che abbia a cuore la salute del suo paese.

Per questo i popoli, e anche i loro governanti, persino quelli più acriticamente aperturisti, stanno iniziando a capire. A capire che non è con i buoni sentimenti che si governa e che tenere aperte le porte per un lungo periodo può essere pericoloso. Se l’hanno capito i popoli d’Europa forse lo capiremo anche in Italia. Se gli altri paesi non sono tutti governati da fessi o da fascisti, forse qualche domanda dovremmo porcela anche noi. E magari imparare qualcosa.

Francesco Teodori, 24 dicembre 2023