Società

Tutti zitti se il razzista è nero

Il caso di Muhammad Abdallah Kounta è segno che la resa è già compiuta, è totale, è irreversibile

Muhammad Abdallah Kounta(1) © Techin 24 tramite Canva.com

Questa storia non la leggerete da nessuna parte o quasi, ne ha parlato il Giornale a Ferragosto e per dispetto ve la ripropongo, perché merita, come si dice. È una piccola storia razzista, che conviene tenere sotto il tappeto perché il razzista è tendente al nero, di qual generazione non si sa ma di quei nordafricani francesi che sprizzano odio da tutti i peli della barba; come tali vengono generosamente coperti, contestualizzati, dirottati verso più nobili cause che però non esistono, l’unica vera causa di questi è un razzismo nazista, da Muftì di Gerusalemme, un secolo dopo sono sempre lì e si alimentano delle prodezze dei loro idoli.

Ed è un razzismo controproducente, oltre che deficiente, che solo chi è in servizio permanente, per insistere con le rime baciate, di malafede fetente può giustificare: la sinistra, che fa il gioco delle tre carte, in nome della pace sogna olocausti e non le bastano mai.

L’eroe del giorno, dunque, è questo corridore Muhammad Abdallah Kounta, che tra una sgambata e l’altra alle Olimpiadi per i colori della Francia, colori sempre più integralmente marroni, neri, testa di moro e testa di cazzo, trovava modo di: inneggiare ad Hamas, al 7 ottobre, all’Olocausto, per l’appunto, allo sterminio, alla rimozione dal mappamondo di bianchi, ebrei, cattolici, eccetera. A dimostrazione che Gaza, Palestina, terre occupate, contese, rivendicate, è tutta retorica per giustificare una attitudine radicale, di crimine radicale.

Se postava come un pazzo, è segno che riteneva di poterlo fare, insomma di restarsene impunito: non a torto, dati i chiari, anzi gli scuri, di luna. Solo che anche un protetto dalla mafia benpensante di sinistra può esagerare e se insisti, tipo bimbo di Sinwar, di voler far fuori almeno un petit blanc, un ragazzino bianco, uno, almeno uno, fatemene ammazzare uno, va a finire che qualcuno magari se ne accorge e perfino osa non essere proprio d’accordo: sai, Abdallah, vivi in un mondo razzista.

Difatti si scaglia contro la Francia che non è ancora completamente colonizzata, un Paese di “razzisti degenerati” e su questo rischia di aver ragione, bastava vedere le Olimpiadi, Macron e magari se stesso, allo specchio: son venuti fuori anche certi tratti di sostegno alla fatale Hamas, ma mica solo dopo il 7 ottobre e la reazione (discutibilissima, criticabilissima, se si vuole insostenibile, indifendibile, ripetiamolo sempre) di Israele. Solo che qui non è questione di logiche più o meno umanitarie: la pena per i bambini palestinesi naufraga miseramente nel mare d’odio atavico, delirante di quelli come Muhammad il corridore. Il quale, da bravo vigliacco pro Hamas, una volta pizzicato ha cercato di nascondersi dietro le sue parole di merda col solito armamentario ignobile: sono stato frainteso, non volevo offendere nessuno (pensa se voleva…), sì però Israele, sì però Palestina.

Sì però un cazzo: sei un mascalzone, punto, finito, chiuso. Basta con questo garantismo per i pendagli da forca. Perché uno al quale i macelli dei suoi amici islamici non bastano mai, è un farabutto al di là di ogni ragionevole dubbio: e andrebbe fermato, anche per ragioni di sicurezza. Invece la Federazione si è limitata a sospenderlo. Speriamo a vita, almeno.

La sua narrazione prevede Hamas tipo dame di san Vincenzo, non molto diversa, a dirla come va detto, da certi propagandisti italiani, che curiosamente si raggrumano quasi tutti nel giornale organo ufficiale di una setta in disarmo: forza Hamas, viva Hamas, Israele deve sparire, resisti Hamas, insisti Hamas: le fonti, le fonti, dove sono le fonti, le trovate tutte in rete e per i social, perché questi volonterosi imbecilli non si nascondono, rivendicano; e poi, quando pizzicati: ma non mi avete capito, non volevo dire, non volevo offendere, non parlo bene l’italiano. O il francese, dato il caso. “No ma io sono contro la violenza, io amo il mio Paese”.

Ah Kounta, ma kittese inkounta? Tu ami il tuo Paese per la parte tua, che è quella della jihad ormai inarginata, quella di una colonizzazione di risacca, di un razzismo forsennato da fare impallidire l’imbianchino austriaco, ti difende la sinistra mascalzona e antisemita di origine marxista, per le solite sragioni che abbiam detto le mille volte. E insomma questa è la storia di Abdallah, francese di nuova generazione, perfettamente integrato, corridore olimpico, al quale la Francia va stretta perché ancora troppo piena di piccoli bianchi da scannare all’occorrenza, agnelli umani da sacrificare sull’altare di Hamas, unica associazione di valorosi combattenti per la pace.

E lui no, non vuole offendere nessuno, se solo tutti i bianchi, gli ebrei, gli infedeli si lasciassero decapitare squartare macellare senza far tante storie. Ma si sa, è un mondo razzista che non tiene in nessun conto la profonda umanità di uno sportivo pacifico, francese naturale, che però non parla ancora bene la lingua, diamogli tempo, è solo questione di tempo e presto non avrà più bisogno delle scuole serali: anche là, come nel resto d’Europa, si parlerà un solo idioma.

E gli idioti che hanno agevolato tutto questo saranno i primi a sparire, dopo essersi voltati troppe volte dall’altra parte, dopo non aver voluto vedere, sentire, parlare una volta di troppo. Non è che non siamo più padroni a casa nostra: non abbiamo più una casa, e ci vengono a prendere uno per uno. Muhammad Abdallah Kounta non è una variabile impazzita, è la regola, possono anche sospenderlo ma ha vinto e lo sa. Perché se stiamo qui a raccontare, nel silenzio generale, episodi del genere, non più incredibili, viceversa scontati, è segno che la resa è già compiuta, è totale, è irreversibile.

Max Del Papa, 18 agosto 2024

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