Toni Capuozzo torna a parlare di Ucraina e del doppiopesismo, se così vogliamo chiamarlo, dell’Occidente sul Donbass. Ospite a Quarta Repubblica, lo storico inviato di guerra analizza i fatti. “Il Battaglione Azov – dice – è stato una formazione nazionalista con simboli neonazisti che ha messo in atto una pulizia etnica nei confronti dei russofoni del Donbass“.
Questo non significa, ovviamente, che tutto l’Ucraina sia da “denazificare”. Non sia mai. “È sotto gli occhi di tutti però che l’esercito ucraino ha reclutato un reggimento con il culto del passato nazista e l’ha reso parte del proprio schieramento ufficiale e lo ha utilizzato nel Donbass per assolvere compiti da guerra civile”. Servirebbe un po’ di buon senso e di amor proprio per ammetterlo. E magari anche un pizzico di coerenza. Si chiede Capuozzo: “Come è possibile che la Nato abbia appoggiato in modo massiccio, bombardando Belgrado, la secessione del Kosovo dalla Serbia mentre adesso la secessione del Donbass viene considerata un attentato alla sovranità intoccabile dell’Ucraina?”.
“Questo – insiste l’inviato speciale – è un problema che va affrontato all’europea, con rispetto delle minoranze, con diritto di insegnare la lingua a scuola e di usarla negli uffici pubblici. Servirebbero le cose che erano state disegnate negli accordi di Minsk che non sono mai stati applicati. È stato applicato il lavoro del Battaglione Azov”. E va bene che l’Ucraina non è tutta nazista e figurarsi se può esserlo un presidente ebreo come Zelensky. “Però adesso Azov è preziosa, è diventata un simbolo”.