Esteri

La guerra in Ucraina

Ucraina, dubbi Usa su Zelensky. E i cittadini: “Perché abbiamo colpito il ponte?”

Attacchi a Kiev, rivelazioni dei servizi segreti, dubbi sulla guida Zelensky. Che succede in Ucraina

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Proseguono le tensioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e l’Ucraina. Dopo il retroscena del New York Times, secondo cui ci sarebbero i servizi segreti del governo Zelensky dietro l’attentato della figlia di Alexandr Dugin, filosofo ultranazionalista russo; spunta un nuovo scoop, sempre da parte del quotidiano americano: l’esplosione sul ponte Kerch, l’infrastruttura che collega la Crimea alla Russia, sarebbe conseguenza di un sabotaggio dell’intelligence di Kiev.

La soffiata arriverebbe da un funzionario dell’esecutivo ucraino, il quale ha esplicitamente ammesso come l’azione sarebbe stata eseguita senza il parere e neanche la conoscenza della Casa Bianca. Nel frattempo, il Cremlino, parlando con il capo del Comitato investigativo russo, Alexander Bastrykin, ha già ribadito la propria versione dei fatti: si tratta di un vero e proprio “atto terroristico ucraino“, secondo cui “autori, esecutori testamentari, clienti sono i servizi speciali dell’Ucraina”.

Tensioni Usa-Ucraina

Il contesto geopolitico, comunque, rimane radicalmente controverso. Da una parte, si tratta di un sabotaggio avvenuto su suolo ucraino, visto che l’occupazione del 2014 della Crimea è riconosciuta formalmente solo dalla Russia, non dall’Ucraina e dal resto della comunità internazionale. Dall’altra, però, il controllo sostanziale della penisola è subordinato proprio a Mosca, e il ponte di Kerch – dal valore di quasi 4 miliardi di dollari – ne era la dimostrazione simbolica.

Nonostante tutto, sempre secondo le rivelazioni del Nyt, a Washington non sarebbero soddisfatti dei continui sabotaggi perpetrati dalle forze di Kiev. Dall’attentato a Mosca contro Daria Dugina, passando alla pista del sabotaggio a Nord Stream 1 e 2, fino all’ultimo incendio sull’infrastruttura di Kerch; il governo Zelensky si sta sempre più svincolando da quello che è il principale alleato e fornitore di armi dell’Ucraina. Tutte e tre le azioni hanno un unico collante: la loro indipendenza dagli ordini della Casa Bianca. Un dato a dir poco essenziale, visto che è proprio da attacchi di questo tipo che può dipendere il rischio di un conflitto nucleare con la Russia. E l’esplosione in Crimea non sembra aiutare per nulla la soluzione diplomatica.

L’isolamento di Zelensky

D’altro canto, anche all’interno della popolazione di Kiev, come riportato da La Repubblica, qualche cittadino si interroga sulla strategia delineata dai vertici: “La gente normale, con cui ho parlato, fatica a capire l’attacco al ponte in Crimea: ora ce la faranno pagare”, rileva una fonte, che è riportata con le iniziali M.K. E sentenzia: “Provocheranno la morte dei civili, senza alcun guadagno strategico”.

Molti funzionari del governo hanno esultato; altri hanno twittato ironicamente “Buon compleanno Putin” – visto che l’incendio è avvenuto il giorno dopo del 70esimo anno del presidente russo. Eppure, non è ancora arrivata una dichiarazione di rivendicazione da parte del leader ucraino. Anzi, gli unici accenni alla vicenda hanno riguardato un tentativo di smentire le voci che attribuivano una responsabilità a Kiev.

Gli 007 Stay Behind

A questo punto, bisognerebbe chiedersi a che gioco sta giocando Zelensky: si tratta di un’operazione occulta, volta a mascherare il reo del sabotaggio, oppure i vertici ucraini hanno perso il controllo di parte della propria struttura amministrativa e militare? Oltre al più conosciuto battaglione Azov, è la rete segreta Stay Behind che sembra causare non pochi problemi al presidente ucraino. Stiamo parlando di 007 così abili da sfuggire non solo ai servizi segreti di Mosca, ma pure all’intelligence americana. A ciò, sempre il Nyt, riportava in luce le fortissime divisioni all’interno delle istituzioni di Kiev, frammentate tra i più bellici e coloro che vorrebbero sedersi al tavolo, per iniziare una fase di negoziazioni con il Cremlino.

Per ora – come è evidente – sta trionfando il primo orientamento. Le forze di resistenza ucraine proseguono imperterrite verso le riconquista dei territori perduti dal 24 febbraio, con uno sguardo molto attento anche sulla Crimea. Nel frattempo, durante il corso della mattinata, le autorità della capitale dell’Ucraina hanno riportato numerose esplosioni, con l’obiettivo di distruggere le fonti energetiche della città. L’allarme aereo, dopo una durata di sei ore, è terminato pochissimi minuti fa, con la popolazione che è tornata ad uscire nelle strade, nonostante molte zone siano bloccate a causa dei bombardamenti.

“Vogliono distruggerci, uccidono i nostri civili”, ha dichiarato Zelensky dopo l’attacco aereo russo. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, ha rivendicato l’azione in risposta al sabotaggio avvenuto due giorni fa in Crimea. Forse, è arrivato il momento più difficile per il presidente ucraino: se è lui il vero mandante dei sabotaggi, rischia di allontanare gli Stati Uniti dalla causa di Kiev; mentre se si tratta di azioni indipendenti, sarebbe lampante l’assenza di una conduzione unitaria della resistenza. Rimangono ancora moltissimi punti interrogativi.

Matteo Milanesi, 10 ottobre 2022