A quasi otto mesi dall’inizio del conflitto, il rapporto tra Putin e Zelensky rimane ancora ghiacciato. Se il capo del Cremlino, pochi giorni fa, ha dichiarato di essere disponibile ad un’apertura diplomatica, ma solo col riconoscimento del Donbass e della Crimea; il presidente ucraino ha già ribadito lo stesso orientamento adottato da inizio invasione: con dittatori, come Vladimir Putin, non si può parlare, né negoziare. Ed ecco che la scena è conquistata, ancora una volta, da combattimenti e bombe.
Missili su Kiev
Nella giornata di oggi, l’esercito russo ha ripreso gli attacchi missilistici nei confronti della capitale dell’Ucraina. Finora, il governo ha stimato due morti civili, a cui si affianca – dato rilevantissimo – la distruzione di circa il 30 per cento delle centrali elettriche in una sola settimana. In totale, dall’inizio della guerra, Zelensky ha perso quasi la metà della sua capacità elettrica: oltre al 30 per cento appena citato, si affianca un 15 per cento di produzione integra, ma sotto il controllo di Mosca. L’obiettivo di Putin, almeno in queste ultime ore, è quello di privare il nemico delle proprie infrastrutture energetiche, rendendo la guerra asfissiante anche per la popolazione locale.
Confessione
A Zaporizhzhya, per esempio, è stato interrotto l’allaccio della rete elettrica alla centrale nucleare, mentre da giorni è calata a picco anche la vendita di alimenti, causa continui raid russi. Nella capitale del Paese, invece, i cittadini sono privi di acqua ed elettricità da molte ore. Insomma, una situazione che diventa sempre più critica, soprattutto dopo le parole del presidente turco Erdogan – tra i principali mediatori del conflitto – che ha confessato “l’impossibilità attuale di fissare un incontro tra Putin e Zelensky”. In sostanza, la pace è (ancora) rinviata a tempo indeterminato.
Nel frattempo, il conflitto continua ad estendersi a nuove “pedine” filorusse. L’Iran ha inviato 28 droni kamikaze, già utilizzati sul campo di battaglia da Mosca; mentre la Bielorussia di Lukashenko ha iniziato ufficialmente il dispiegamento di truppe, congiunte con quelle del Cremlino. Uno scenario che potrebbe portare – come rilevato dai media occidentali nelle ultime settimane – ad un’entrata diretta nel conflitto anche da parte di Minsk.
Indagine su Nord Stream
Sul lato del gas, invece, notizie decisive giungono dalle indagini sul sabotaggio a Nord Stream 1 e 2, nel Mar Baltico. L’indagine preliminare della polizia di Copenaghen ha reso pubbliche le prime foto dei danni subiti dai gasdotti, confermando la versione delle “potenti esplosioni”, che non rispondono a coincidenze o fatalità, bensì ad un piano studiato a tavolino.
L’indiziato principale rimane sempre la Russia. Anche se il portavoce della presidenza Peskov è partito subito all’attacco: “Possiamo solo esprimere rammarico per il fatto che l’intero processo di indagine si stia svolgendo in una modalità molto chiusa, senza che possiamo partecipare, senza interazione con la parte russa, che è comproprietaria di questi gasdotti”. E punta il dito contro l’Occidente: “Le dichiarazioni che sentiamo dalla Germania, dalla Francia, dalla Danimarca, vengono a priori adattate per attribuire la responsabilità alla Russia. Assurdo”.
***UPDATE***
Swedish journalists got permission to image one of the Nord Stream explosion sites using an underwater drone (ROV)
Caution against listening to the impending wave of explosives experts on Twitter
Their article (in Swedish) https://t.co/lpUvF0NIEi pic.twitter.com/aAkSeva0zf
— H I Sutton (@CovertShores) October 18, 2022
Matteo Milanesi, 18 ottobre 2022