È la liberazione di Kherson l’evento da cui può verificarsi lo snodo cruciale per gli esiti della guerra in Ucraina. Se, nei giorni scorsi, l’amministrazione Biden aveva ribadito il fatto di non aver lasciato “un assegno in bianco” a Kiev, poche ore fa la Casa Bianca sembra aver ritrattato parzialmente le proprie posizioni. O meglio, a farlo è stato il numero uno del Pentagono sotto il segretario della Difesa: il generale Mark Milley.
Come riportato anche sul sito nicolaporro.it, secondo il militare americano, il ritiro russo da una delle prime città conquistate rappresenta “un’opportunità per cercare la soluzione diplomatica”. Ipotesi però cassata dal presidente Zelensky, il quale aveva rimarcato la volontà ucraina di ripristinare i confini post 1991, Crimea e Donbass compresi.
Il retroscena del Wsj
Ma è il Wall Street Journal a sganciare la bomba di giornata. Secondo il quotidiano statunitense, infatti, Washington starebbe intimando Kiev – ancora una volta – a compiere “pretese realistiche”, affinché si apprenda un primo percorso segnato da trattative di pace. Ovviamente, un primo segno di apertura sarebbe il riconoscimento di una Crimea russa. Condizione, però, insufficiente per Vladimir Putin, il quale dovrebbe giustificare in Patria nove mesi di conflitto, con il solo risultato di aver mantenuto l’assetto territoriale pre-24 febbraio.
Tra i numeri uno della soluzione diplomatica vi sarebbe il consigliere alla sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, che ha rimarcato la necessità di sedersi al tavolo per due aspetti rilevanti. Da una parte, come già affermato pochi giorni fa dal generale Milley, “deve esserci un riconoscimento reciproco del fatto che la vittoria militare, nel vero senso della parola, forse non è realizzabile con mezzi militari, quindi è necessario rivolgersi ad altri mezzi”. Dall’altra, una prima strada verso la pace garantirebbe un maggiore contenimento dei prezzi energetici e alimentari, destinati a scoppiare ulteriormente con l’arrivo dei mesi più freddi dell’anno.
Zelensky: “Pronti per la pace”
Pochissimi minuti fa, è arrivata una prima risposta – inaspettata – da parte del presidente Zelensky: “Siamo pronti per la pace, la pace per tutto il nostro Paese”, ha dichiarato il leader ucraino dopo la visita di mezz’ora al capoluogo della regione di Kherson. Un primo spiraglio che è nato proprio dalla liberazione dell’omonima città, vista come il primo passo concreto “verso la fine della guerra”. Si dovrà vedere, però, se Kiev sarà effettivamente disposta ad una revisione delle proprie posizioni.
Sicuramente, l’intavolarsi delle trattative comporterebbe una maggiore posizione di forza dell’Ucraina rispetto a qualche mese fa, che nei fatti non sarebbe soggetta ad un armistizio, ma ad un vero e proprio accordo bilaterale. Ma il portavoce del ministro degli Esteri, Oleg Nikolenko, ha già ribadito la secca posizione: “La formula di pace dell’Ucraina rimane invariata: fine immediata della guerra, ritiro di tutte le truppe russe, ripristino dell’integrità territoriale ucraina, risarcimento dei danni inflitti e garanzie effettive di non ripetizione dell’aggressione. In altre condizioni, il raggiungimento di una pace sostenibile sarà impossibile”.
Aggiornamento:
Come riportato dall’agenzia Ansa, il Cremlino non ha né smentito né confermato l’incontro ad Ankara di una delegazione di Mosca con una di Washington. Lo ha affermato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.
Matteo Milanesi, 14 novembre 2022