Fai presto a dire “escalation”. Il problema è che la guerra, dice la storia, risulta sempre così imprevedibile. Chi avrebbe mai immaginato la strenua resistenza ucraina? Chi pensava che nei primi giorni del conflitto, quando l’Occidente non era ancora sceso in campo, Kiev riuscisse a respingere i reparti di assalto di Mosca, ricacciare indietro le truppe arrivate a Bucha e infine liberare Kherson? Non erano nemmeno scontate la tenuta di Odessa, l’affondamento del Moskva, le vittorie piccole e grandi sul campo. Meno delle sconfitte. Imprevedibile, dunque. Come imprevedibile è ciò che avverrà da oggi in poi. Lo sa bene la Germania, che da ieri ha ufficialmente ammesso di temere un’escalation della guerra.
I timori di una escalation
In una conferenza stampa organizzata dalla Suddeutsche Zeitung, il cancelliere Olaf Scholz ha messo sul chi va là mezzo mondo. “Dato lo sviluppo della guerra, con evidenti e crescenti fallimenti della Russia, dobbiamo essere preparati per un escalation“. Un incremento degli attacchi russi su Kiev potrebbe portare “alla distruzione delle infrastrutture ucraine”, con conseguente crisi umanitaria nel Paese.
I blackout in Ucraina
Il sistema energetico dell’Ucraina è “al collasso”, ammette Volodymyr Kudrytskyi, capo dell’operatore di rete statale ucraino Ukrenergo. E il governo ha già fatto sapere che i blackout programmati, utili a mantenere in piedi il sistema infrastrutturale, andranno avanti fino a marzo. In mezzo c’è l’inverno, con le temperature che già oggi sono sotto gli zero gradi centigradi. Già oggi dieci milioni di ucraini sono rimasti senza elettricità a Kiev, Kharkiv, Zhytomyr, Lviv e in altre città. E le cose rischiano di peggiorare. Al punto che in vista di futuri attacchi russi, Zelensky ha predisposto in tutto il Paese 4mila “punti di invincibilità” dove i cittadini potranno trovare “tutti i servizi di base: elettricità, telefonia mobile e Internet, riscaldamento, acqua, cassetta di pronto soccorso. Tutto assolutamente gratuito e per tutto il giorno”.
Guerra mondiale?
Escalation non significa, però, solo timori per la tenuta dell’Ucraina. Ma anche dell’equilibrio mondiale. Dopo un autunno mite, l’inverno si avvicina. Il tetto al prezzo del gas in Ue si è rivelato per quel che è: una beffa. Il prezzo medio mensile del Ttf non scende sotto quota 100 euro. E le economie occidentali corrono a grandi passi verso la recessione, almeno nei primi tre mesi del 2023. Anche sul piano militare, le preoccupazioni non scarseggiano. Gli Usa continuano a sostenere Kiev, così come la Nato, ma non sono mancati momenti di frizione. L’omicidio di Daria Dugina, l’attacco al ponte in Crimea e il “secco no” ai negoziati con Mosca ha irritato l’amministrazione americana, al punto da arrivare ad uno scontro telefonico tra Biden e Zelensky. Senza contare la secca smentita con cui il presidente Usa ha liquidato l’ipotesi che il razzo caduto sulla Polonia fosse un attacco deliberato russo, come sostenuto da Kiev.
La posizione di Kiev
Dal Pentagono sono arrivati diversi inviti all’Ucraina a sedersi al tavolo con Putin, eventualità che Kiev però non prende neppure in considerazione. Almeno al momento. “Dobbiamo ancora riconquistare 2mila città e villaggi”, ha detto ieri Zelensky convinto di dover riprendersi tutti i territori occupati da Mosca sin dal 2014. “Solo l’Ucraina determinerà quando e come negoziare con l’aggressore”, ha ribadito il ministro Kuleba. L’ipotesi è questa: dopo la caduta di Kherson, unica capitale regionale presa dai russi in nove mesi di guerra, ora “teme per la sua vita” perché “non esiste perdono in Russia per uno zar che perde le guerre”. In sintesi: se cadono altre città, cade anche il regime putiniano e finirà la guerra.
Può funzionare? Forse, anche se al Pentagono ritengono che Kiev abbia “poche chance di vittoria”. Ma un rischio c’è: l’escalation militare che può arrivare fino alla bomba atomica. Nei giorni scorsi Mosca ha utilizzato un vettore (un missile) nucleare cui è stata apposta una testata non nucleare. Il segnale ha un doppio significato: primo, la Russia potrebbe essere a corto di razzi; secondo, Putin ha mandato un messaggio: se sarò costretto, non temo ad usare la Bomba. Ed è quello che la Nato vuole evitare ad ogni costo.