di Toni Capuozzo
Non so, forse è presto per dirlo. Ma dopo un mese, forse si vede qualcosa che assomiglia all’inizio della fine. Succede quando tutti sono giunti al loro limite: gli ucraini hanno tenuto Kiev, cosa possono fare di più? La Russia ha preso la costa, cosa vuole di più? Gli Stati Uniti hanno schierato sull’attenti i paesi della Nato, e si portano a casa un favoloso contratto di vendita del gas: cosa possono pretendere di meglio? Sì, mancano i dettagli, dalla caduta di Mariupol ad altri conti minori da regolare, ma l’Ucraina che si disegna sulle carte geografiche assomiglia a una nuova Cipro.
I russi si ritireranno – a cessate il fuoco, ritirarsi a guerra in corso è difficile e pericoloso – dal perimetro di Kiev, lasceranno città indomite e disarmate come Kherson, si terranno la costa. E tutti potranno cantare vittoria: Putin sosterrà che ha protetto e liberato il Donbass – e denazificato Mariupol – Zelinsky che ha respinto l’invasione. A quale costo, lo sanno. Gli Stati Uniti hanno disciplinato perfino l’Unione Europea, e la corsa al riarmo, invocata a vuoto da Trump, è diventata una gara a chi spende di più. La Cina avrà dato prova di moderazione, senza tradire l’alleato russo e senza bruciare i mercati europei e globali. E noi, noi potremo tirare un sospiro di sollievo, con la fine delle brutte notizie, le bombe chimiche e quelle atomiche che tornano in garage.
Nello stesso tempo abbiamo perso tutti. Perso tempo nella difesa dell’ambiente e nel combattere la pandemia, e precipitati di nuovo in mezzo ai fantasmi del secolo scorso: i nazionalismi, gli imperi, le rivendicazioni di sovranità territoriale, la sacralità dei confini. Sarà un mondo dove torneranno panorami che pensavamo vecchi: i monumenti ai caduti e alle vittorie, le macerie, le caserme. Ci saranno nuove fiammate? Non siamo morti per Kiev, anche se in tanti hanno tirato fuori elmetti di plastica e fucili con il turacciolo, non moriremo per recuperare le terre irredente ucraine. Cammineremo con piede più leggero tra i reticolati delle sanzioni, e staremo a vedere come se la cava Putin, o se è Ercolino Sempreinpiedi.
Alla fine verrebbe da dire che l’unico sconfitto senza premi di consolazione è l’Europa, ma troveranno qualche escamotage retorico per dirvi che no, che fortuna abbiamo a essere vincitori, almeno per consolarci del gas che ci costerà il 30% in più. Valeva la pena? Eh, ma sono stati i russi ad aggredire, cosa si poteva fare, alzare le mani? E dovevamo dirgli prego accomodatevi? Gli ucraini forse non potevano fare altrimenti che resistere in armi (dico forse pensando a Kherson, a quella gente inerme che ha reso impotenti i carrarmati). Gli altri europei, noi per primi, sì avremmo potuto fare di più, dopo aver aiutato i profughi, per aiutare la pace.
Ma le canzoni di Lennon vanno bene, da Mosca a Praga, da New York a Roma, quando ci pensiamo felici, non quando ci sentiamo minacciati. Forse, a cose finite, bisognerà tornare alle cause di questa guerra, a come è andata covando. Ma sono, come dopo Tripoli, dopo Baghdad, dopo Sarajevo, dopo Kabul, dopo Belgrado, lezioni che non interessano mai, quando si attutisce il rumore della guerra. La vera resa dei conti non sono mai le madri di tutte le battaglie, sono i cimiteri, il giorno dopo. Ma forse sono troppo ottimista, servono ancora un po’ di morti.
Toni Capuozzo, 27 marzo 2022