Un lungo e convinto applauso ha omaggiato il discorso di Volodymyr Zelensky, che in videocollegamento è intervenuto al Parlamento italiano riunito a Montecitorio. Il presidente ucraino ha fatto appello all’Italia per inasprire le sanzioni e accrescere la pressione su Putin affinché “cerchi la pace”. Dopo aver accennato alle devastazioni patite, con il tragico bilancio dei bambini morti (117), ha indicato nell’Europa il bersaglio dell’autarca moscovita: “Il suo obiettivo è l’Europa. Vuole influenzare le vostre vite, avere il controllo sulla vostra politica e distruggere i vostri valori: democrazia, diritti dell’uomo e libertà. L’Ucraina è il cancello per l’esercito russo: vogliono entrare in Ue”.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi nel messaggio al presidente Zelensky ha sancito, in modo inequivocabile, la collocazione del Paese nel conflitto in corso sia riconoscendo l’eroismo patriottico del popolo ucraino sia impegnandosi a concedere supporto militare alla resistenza di Kiev contro l’invasore. Così si è espresso Draghi: “La resistenza di Mariupol, Karkhiv, Odessa e di tutti i luoghi su cui si abbatte la ferocia del presidente Putin è eroica. Dobbiamo rispondere con aiuti anche militari”. L’efferatezza dell’assedio russo non consente di assumere posizioni oscillanti perché i valori della democrazia e della libertà sono innegoziabili. Putin con il suo revanscismo di tipo espansionista, teso a ripristinare lo spazio eroso dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, minaccia la sicurezza mondiale basata sulle regole e sui diritti. L’Occidente non può aderire alla corrente del “neneismo” che proclama la non scelta, né con la Russia né con l’Ucraina, con il rischio di innescare una crisi irreversibile nella fiducia dei principii che animano i sistemi democratici.
Bene ha fatto Draghi a posizionare l’Italia, nettamente, dalla parte degli assediati perché l’esitazione equivale ad essere complici dei nemici della libertà, che se non incontrano un argine alla loro offensiva si sentono autorizzati a dilagare. I riluttanti all’assistenza, anche militare, dell’Ucraina motivano la loro diserzione limitandosi ad indossare la casacca irenica come se la pace fosse una conquista apodittica. Nei pacifisti si annida l’ingenua convinzione che sia sufficiente assecondare il tiranno di turno per sottrarsi alla sua volontà di potenza. Viceversa, la pace va protetta e alimentata: la si difende senza tentennamenti da chi la viola e la si nutre non deflettendo dall’ancoraggio ai valori democratici.
Nel conflitto in Ucraina l’aggressore è facilmente identificabile e a Putin è riconducibile la causa della rottura dell’equilibrio pacifico. Così come è intuibile attribuire al regime putiniano la negazione della libertà. La pace non è soltanto un concetto teorico su cui speculare intellettualmente, essendo anche un bene materiale e vitale per il benessere della collettività. I pacifisti rappresentano una versione ideologica della pace, proiettandola in una dimensione fideistica di tipo fondamentalista che ignora la ragione. L’ideologia del pacifismo è un’infiammazione dell’ideale di pace. Dunque, il pacifismo sta alla pace come la polmonite sta agli organi della respirazione. Il concetto di pace si deforma nel corruttivo suffisso dell’ “ismo”, che la trasfigura in un assoluto che sussiste in sé e per sé. Per i pacifisti la sola enunciazione della parola “pace” è bastevole per sua vigenza. Invece, la storia insegna che la pace segue un andamento sinusoidale con alti e bassi: dove gli alti coincidono con la supremazia delle democrazie e i bassi con le velleità dei dispotismi.
Andrea Amata, 22 marzo 2022