Se l’obiettivo annunciato da Kiev, sin dall’inizio del conflitto, è stato quello di ripristinare la propria sovranità su tutti i territori perduti dal 2014; nelle ultime ore, potremmo essere dinanzi ad una svolta. Come riferito da alcuni funzionari europei ed ucraini, sulle colonne del Wall Street Journal, il governo Zelensky starebbe preparando un piano di pace, che sarà presentato in data simbolica 24 febbraio 2023, ovvero ad un anno esatto dal giorno dell’avvio della “operazione speciale” russa.
Un cambio di rotta che deriverebbe dal colloquio avuto dal presidente ucraino con Joe Biden, il quale ha sì garantito il sostegno americano alla causa di Kiev, ma senza aver mai dato a disposizione “un assegno in bianco”. Una posizione ribadita più volte dalla Casa Bianca, e che ha avuto i suoi primi effetti con il rigetto della richiesta ucraina di inviare armi a lunga gittata, causa il rischio di rendere ulteriormente radioattiva la Russia, espandendo i rischi di guerra anche verso l’Occidente.
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I vertici Usa sono stati chiari: “Non vogliamo dare scadenze a nulla, ma possiamo dirvi che stiamo studiando cosa ha proposto il presidente ucraino. Ho appena parlato al telefono con i nostri partner del G7, e questa è una delle cose di cui abbiamo parlato” ha affermato il Segretario di Stato, che ha aggiunto: “Penso che i Paesi di tutto il mondo stiano vedendo, ancora una volta, che gli ucraini vogliono la pace. Nessuno vuole la pace più del presidente Zelensky e del popolo ucraino. Sono loro che stanno soffrendo per l’aggressione. Ma deve essere equa e duratura”. Un messaggio velato che potrebbe tradursi in un supporto a Kiev, a patto di una condizione fondamentale: proporre soluzioni alternative al prolungamento della guerra, sedersi al tavolo e cessare un conflitto che, oltre all’aspetto militare, ha logorato anche l’economia di buona parte degli Stati dell’alleanza atlantica.
Fino ad oggi, sono tre i profili prospettati per una conclusione delle ostilità tra Russia e Ucraina. La prima (meno gettonata): ripristino della sovranità di Kiev anche su Donbass e Crimea. La seconda, invece, presupporrebbe il ritiro delle linee russe, ma riconoscendo la penisola di Crimea. Ed infine, la terza opzione includerebbe solo il riconoscimento del Donbass, ma non della Crimea stessa. Alternative che, ovviamente, non hanno soddisfatto il Cremlino, il che ha portato gli americani ad intervenire e richiedere una svolta radicale nelle trattative, proprio da parte dell’aggredito.
Tale svolta sarebbe finalmente arrivata, anche se Putin per la prima volta non ha parlato più di “operazione speciale” (il mantra della narrazione di Mosca in questi mesi), ma di vera e propria “guerra”. “Il nostro obiettivo non è far girare il volano del conflitto militare, ma, al contrario, porre fine a questa guerra”, ha detto il presidente russo ai giornalisti a Mosca, dopo aver partecipato a una riunione del Consiglio di Stato sulle politiche giovanili.
Una “confessione” in linea con le recenti dichiarazioni del leader della Federazione, che ha definito il raggiungimento di una pace con l’Ucraina “inevitabile”, oltre ad aver ammesso come l’offensiva in territorio di Kiev abbia presentato problematiche rilevanti. Insomma, da entrambe le parti sembra che vi sia una maggiore propensione ad instaurare un tavolo diplomatico. Da una parte, gli ucraini perché spinti dagli americani; dall’altra, grazie alle stesse dichiarazioni pubbliche e confessioni fatte da Vladimir Putin. Le prossime settimane potranno essere decisive?
Matteo Milanesi, 23 dicembre 2022