Colpo di scena, colpo di teatro, depistaggio? Difficile dirlo, parola agli esperti. Di certo le dichiarazioni di Vladimir Putin sono una notizia, e di quelle grosse. Secondo il presidente della Federazione Russa “in questo momento” non c’è “più bisogno di attacchi massicci in Ucraina“. Tradotto: quanto successo una settimana fa dopo l’attacco al ponte di Crimea, cioè il bombardamento a pioggia di tante città ucraine, non dovrebbe verificarsi più. Non per il momento, almeno.
Le difficoltà sul terreno
Dal punto di vista tattico e militare, si tratta sicuramente di una novità. L’inverno si avvicina e, come fatto notare da Toni Capuozzo, il fango e la neve rendono difficili operazioni sul campo: i carri armati si bloccano, i soldati faticano a combattere, le offensive sono complicate. Dunque, era il ragionamento di alcuni esperti: si pensava che la Russia potesse pensare di “svernare” utilizzando l’artiglieria pesante. Motivo per cui, in occasione del G7 di qualche giorno fa, Zelensky è tornato a chiedere una “copertura aerea” sull’Ucraina: non significa una “no fly zone”, che metterebbe in difficoltà la Nato, ma l’invio di sistemi antimissile efficaci. Kiev ritiene di avere a disposizione solo il 10% di quello di cui necessita, e dalla Germania sono già arrivati i primi rifornimenti.
Putin: “Non mi pento”
Se però “attacchi massicci” non ci saranno, allora le carte in tavola potrebbero sparigliarsi. Resta da capire per quale motivo Putin abbia deciso, sempre che mantenga la parola, questo cambio di passo. Dal punto di vista militare, la cosiddetta “operazione speciale” non è stata il rapido successo immaginato. Così come lo Zar sperava che la mobilitazione parziale di 300mila riservisti potesse avvenire in minor tempo, anche se ritiene che finirà entro due settimane. Putin insomma non si pente della sua scelta (“quello che sta accadendo è spiacevole, ma sarebbe successa la stessa cosa un po’ più tardi, in condizioni peggiori per noi”), ma l’avanzata degli ucraini a Kherson, l’attentato a Daria Dugina e al ponte di Kerch sono stati comunque un colpo. Non significa che l’Ucraina stia vincendo, come ripete Capuozzo, ma neppure Mosca può stappare champagne.
Il rischio di una “catastrofe globale”
C’è poi la questione internazionale. Putin sa, e lo ha ribadito proprio oggi in occasione della sua visita in Kazakhistan, che “un confronto diretto tra Nato e Russia potrebbe portare a una catastrofe globale“. L’Alleanza si è schierata al fianco di Kiev e deve ovviamente tenerne conto. Il ricorso all’atomica non è decisione che si possa prendere senza ponderazione, pur ribadendo la linea rossa la Nato non deve superare (“L’invio di truppe occidentali in Ucraina sarebbe molto pericoloso”). Non va dimenticato, infine, che all’assemblea generale delle Nazioni Unite l’annessione russa delle quattro provincie ucraine è stata condannata dalla stragrande maggioranza dei Paesi. Non una sorpresa, ma neppure un buon segnale.
Il nodo dei corridoi per il grano
Il rischio dunque è che la situazione si cristallizzi, proceda all’infinito, con due parti che al momento non sembrano interessate a parlarsi. Zelensky ha detto chiaramente di non volersi sedere al tavolo con lo Zar, evocando addirittura un cambio di regime. Putin invece non vede l’utilità di un confronto con Joe Biden. La mediazione della Turchia, all’inizio del conflitto guardata con speranza da molti, non ha avuto l’esito sperato. Anzi.
Chi ci rimette, oltre ai civili ucraini, è sicuramente l’Europa e magari anche il resto del mondo. Il prezzo del gas pende come una spada di Damocle su Bruxelles, che è rimasta tagliata fuori dall’accordo di ieri tra Ankara e Mosca: l’hub energetico in Turchia immaginato dai due leader metterebbe l’Ue nelle mani di Erdogan per la determinazione del prezzo del gas. Dall’altro lato, la sicurezza alimentare dei Paesi poveri dipende tutt’ora dall’accordo sul grano tra Russia e Ucraina (mediato, guarda caso, dal Sultano turco). Oggi, Putin l’ha detto chiaro e tondo: se i corridoi del grano verranno usati per far passare esplosivi in Russia (chiaro riferimento all’attacco al ponte di Crimea), Mosca li chiuderà. E allora saranno guai per il mercato alimentare mondiale.