Uno degli interrogativi più frequenti sulla guerra in Ucraina, nello specifico per quanto riguarda il sostegno occidentale, è stato fino a quando Usa ed Ue si sarebbero impegnati a fornire aiuti bellici al governo Zelensky. Sin dall’inizio, la Nato si è trovata a unificare almeno tre orientamenti diversi. Il primo: quello dei contrari, capeggiato soprattutto dall’Ungheria di Orban. Il secondo: quello del sostegno ma “senza aver firmato un assegno in bianco”, rappresentato dagli Stati Uniti. Ed infine, il terzo: il supporto senza condizioni, fino a pochissime ore fa portato avanti dalla Polonia.
Il dietrofront della Polonia
Nonostante tutto, ora la situazione sembra essersi stravolta. Tra i più solidi ed attivi alleati di Kiev non abbiamo più Varsavia, che ieri ha annunciato di non voler più fornire armi all’Ucraina. Una decisione che avrà un fortissimo impatto politico, posto pure il fatto che il governo Duda ha accolto oltre un milione e mezzo di profughi ucraini dall’inizio del conflitto.
Ma le tensioni tra Kiev e Varsavia si erano già manifestate a maggio, quando l’esecutivo polacco fu oggetto di un’estesa protesta contadina, che portò Duda ad optare per il divieto di esportazione del grano in Ucraina, tutelando i propri lavoratori dalla concorrenza di Kiev. Ad oggi, è evidente come lo scenario si sia fatto molto più complesso per Zelensky, visto che la decisione riguarderà direttamente le forniture da destinare alla resistenza per combattere le milizie russe.
Ucraina, i dubbi degli Usa
A ciò, si ricollega pure il “caso” Stati Uniti. Varsavia, infatti, trattiene ottime relazioni con la Casa Bianca e, negli ultimi decenni, è diventata il vero e proprio arsenale americano in Europa, in una funzione geopolitica di contenimento del nemico russo. Non pare essere una coincidenza, quindi, che dopo poche ore il forfait della Polonia, gli Usa abbiano optato per un brusco freno agli aiuti militari.
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Biden ha sì garantito un’ulteriore fornitura da 325 milioni di dollari (che però non conterrà i missili Atacms chiesti da Kiev), ma lo speaker della Camera americana, il repubblicano Kevin McCarthy, ha già escluso di mettere nell’agenda l’approvazione di un pacchetto da 24 miliardi di dollari di aiuti all’Ucraina entro la fine dell’anno. “Abbiamo i nostri problemi fiscali di cui occuparci. Ci sono 10.000 persone che hanno appena attraversato il confine e il presidente pensa solo” all’Ucraina, ha dichiarato McCarthy. Uno scenario a dir poco preoccupante per il governo di Kiev, ed è lo stesso Zelensky ad affermarlo esplicitamente al Senato americano: “Se non riceviamo gli aiuti, perderemo la guerra“.
Rimane quindi lampante – come d’altro canto ammesso dello stesso leader ucraino pochi giorni fa – come la controffensiva stia andando a rilento. Ed è proprio qui che ieri Biden ha chiesto a Zelensky un punto della situazione sul campo, evidentemente insoddisfacente per gli Usa, visti gli annunci lanciati in serata.
Eppure, nulla è totalmente perduto. Proprio ieri, la resistenza ucraina ha sfondato la linea Surovikin, il complesso sistema di difese e fortificazioni composto da denti di drago e trincee nelle zone di Kherson. Rimane però una corsa contro il tempo: all’Occidente servono risultati drastici per invertire la rotta delle forniture militari. Ieri sera, qualcosa si è rotto. E Zelensky ne è estremamente consapevole.
Matteo Milanesi, 22 settembre 2023