Esteri

Ucraina, tutte le colpe della Nato - Seconda parte

L’azione di Putin è condizionata pure da un riflesso difensivo contro l’espansione a Est della Nato

Dal canto suo, la Nato ha garantito di volersi allargare semplicemente per dare seguito alle richieste volontarie dei Paesi dell’Est, ma di non stare ordendo alcuna trama offensiva nei confronti della Russia. Questo messaggio, però, a Mosca non è passato. Esattamente come l’Alleanza atlantica aveva rotto l’accordo tra galantuomini strappato da Gorbaciov, così, hanno sempre creduto al Cremlino, avrebbe potuto mutare le proprie intenzioni, una volta installata in forze ai confini russi. Non si tratta soltanto dell’ombra proiettata da truppe e missili; Putin temeva anche una destabilizzante importazione del modello delle rivoluzioni colorate. Insomma, aveva timore di una sorta di golpe bianco a Mosca, foraggiato dagli Stati Uniti, con il contributo di Bruxelles (che comunque era stata sostanzialmente marginalizzata ai tempi di Euromaidan, tanto che la diplomatica Victoria Nuland, per rivendicare il primato di Washington nel teatro ucraino, disse all’ambasciatore a Kiev: “L’Ue si fotta”).

Ad alimentare le angosce di Mosca contribuiscono gli otto anni di violenze e soprusi subiti dai russofoni nel Donbass. L’episodio più clamoroso fu il massacro di Odessa, nel maggio 2014, quando le milizie neonaziste che avevano partecipato alla rivolta di Euromaidan diedero fuoco alla Casa del sindacato, dove si erano asserragliati manifestanti antioccidentali, insieme a persone completamente estranee agli scontri. Una strage: tra i corpi delle vittime, morte carbonizzate o linciate mentre cercavano di scappare dall’edificio, furono rinvenuti persino i cadaveri di donne incinte, seviziate e stuprate. Quando parla di difesa dei russofoni e “denazificazione” dell’Ucraina, insomma, Putin attiva un dispositivo retorico meno farneticante di quanto appare all’opinione pubblica delle nostre latitudini.

Queste sono le premesse storiche di un conflitto che, a intensità variabile, dura da parecchio tempo. La situazione non è semplice da gestire: un’eccessiva arrendevolezza autorizzerebbe lo zar ad alzare il tiro (verso Moldavia, Polonia e il Baltico) e trasmetterebbe alla Cina – a proposito delle mire su Taiwan – un messaggio pericoloso. Al tempo stesso, il coinvolgimento dell’Occidente in Ucraina può innescare un’escalation dagli esiti imprevedibili. Su un aspetto, infatti, il ministro russo Sergej Lavrov ha ragione, che egli ci piaccia o meno: una terza mondiale sarebbe nucleare. Al di qua e al di là di questa nuova cortina di ferro, siamo disposti al reciproco annientamento?

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