Ue, giallo sul commissario italiano: a chi pensa la Meloni

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Il dubbio estivo di Meloni: dare Fitto in affitto a Bruxelles? Per il nostro prossimo commissario Ue, maschio o femmina non conta, basta che sia ‘alfa’. Potrebbe essere Raffaele Fitto così come Elisabetta Belloni. Ma se nella corsa verso Bruxelles dovesse aggiungersi a sorpresa un altro ‘alfa’ come Adolfo Urso, nel branco se ne vedranno delle belle.

Nel mentre si stanno ricomponendo, per ovvio opportunismo, i cocci tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, la quale presto riceverà, appunto, dalla nostra premier i nominativi per il ruolo di commissario Ue che spetta all’Italia. Meloni, caparbia, insiste per un nome secco da far approvare dal consiglio dei Ministri della ripresa. Per l’ipotesi Fitto la delega potrebbe essere quella molto fumosa – confusa tra alti commissari finanziari Ue più autorevoli – del bilancio, coesione e Pnrr, ma contro di lui i cosiddetti Paesi virtuosi, danesi in testa, stanno alzando un muro in quanto non gli perdonano le porte spalancate ai cinesi nell’eolico offshore.

Intanto, come il capo branco Giorgia comanda, sta facendo una full immersion di inglese sotto l’ombrellone. Evidentemente, durante la sua ultima legislatura in Europa non lo ha praticato troppo ma è ben emersa la sua capacità di tessere rapporti politici, abbondantemente già dimostrata in Italia. Con Giorgia ha stretto relazioni fin quando insieme, nel lontano 2008, sedevano sulle poltrone di ministro degli Affari regionali, lui, e di ministro della Gioventù lei. Raffaele debutta in politica a 21 anni -nel Consiglio regionale pugliese-si giostra con stile tra la Prima e la Seconda arrivando alla Terza Repubblica senza colpo ferire. Con la sua faccia da bravo ragazzo all’inizio ‘snobba’ Berlusconi, poi però sarà eletto in Europa con i colori del Cavaliere, gli stessi che nel 2000 lo fanno diventare presidente della Regione Puglia, sulle orme del padre tragicamente scomparso in un incidente d’auto.

Il mandato di governatore sembrava destinato al rinnovo, invece, cinque anni dopo, viene sorprendentemente sconfitto da Nichi Vendola. Tuttavia, il ‘cucciolo’ pugliese, come lo chiamava Berlusconi, trovò la comprensione del Cav che lo fece eleggere eurodeputato nel 2006 e poi deputato e ministro nel suo IV governo. Ma la riconoscenza, diceva Andreotti, è il sentimento della vigilia così, quando la stella berlusconiana cominciò ad offuscarsi, nel 2015, Fitto non esitò a lasciarlo, fondando con Daniele Capezzone i “Conservatori e riformisti”, da cui è partita la liason con Meloni. “Raffaele è cresciuto”, dicono a Bari, ha ricucito, almeno di facciata e, forse per furberia, con l’altro pugliese, potentissimo di Palazzo Chigi Alfredo Mantovano. Il quale sarebbe contento se in Europa andasse – anche con l’inutilissima delega per l’immigrazione – l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, stella cadente al Dis. Il sottosegretario non ha mai sopportato il filo diretto tra lei e la premier. Tornando a Fitto, la ‘spinta’ definitiva è stato l’incontro con la moglie Adriana. Prima di lei era uno scapolo d’oro, per di più pure governatore. Le ragazze della crème facevano a gara per un invito ad una sua festa o in barca a Otranto e il suo matrimonio fu eletto il più glamour del 2005. In Europa, il ‘cucciolo’ ha ‘accalappiato’ anche Ursula von der Leyen con la quale è in ottimi rapporti e per questo forse ancora spera in un ruolo più ‘di peso’, allora sì che non avrebbe dubbi ad accettare.

Ma prima c’è un nodo complesso da sciogliere: la questione dei balneari. Da 15 anni l’Italia cerca di disattendere la direttiva Bolkestein che obbliga a mettere in gara le concessioni oggi tramandate da padre in figlio a prezzi irrisori. Sinora tutti i governi hanno fatto melina a suon di proroghe. Falliti gli ultimi tentativi di allungare le concessioni al 2027 o addirittura al 2029, oggi la minaccia di un ricorso della Ue alla Corte di Giustizia è sempre più concreta. Fitto, che sta conducendo le trattative con l’Europa per ovviare al silenzio tombale della Meloni, sembra voler avanzare l’ipotesi dell’innalzamento delle indennità per gli imprenditori che non riusciranno a mantenere la gestione delle loro spiagge. Per alcuni, il suo posto ideale in Commissione Ue sarebbe il controllo del Pnrr, ma Fitto rappresenta il nostro Paese anche nelle trattative sulla gestione dei fondi post-Covid e l’Italia è uno dei Paesi che ha ricevuto più aiuti dall’Unione europea. Può la Meloni privarsi del suo uomo di fiducia nei rapporti con l’Europa? Con chi lo sostituirebbe? Un nuovo sottosegretario a Palazzo Chigi?

Mantovano, all’eventualità di prendere le deleghe di Fitto pare abbia già risposto picche; ci sarebbe la carta Fazzolari, che manca però delle indispensabili capacità democristiane di Fitto; in ultimo, si potrebbe pensare di riportare le deleghe al Mef, ma un’altra pazza idea agostana circola nei palazzi del potere: che a Bruxelles vada Adolfo Urso. Per lui si starebbero discutendo riservatamente le deleghe “Stabilità finanziaria, servizi finanziari e Unione dei mercati dei capitali” oppure “Partenariati internazionali”. Promoveatur ut amoveatur, un’usanza ‘francescana’ – nel senso di Papa Francesco – per non fare rimpasti che, invece, sarebbero più che necessari a detta di tutti, sindacati e imprenditori compresi. Con ricaduta positiva proprio per Fitto in Italia, che probabilmente acquisirebbe le deleghe del ‘Made in Italy’, aggiungendole alle proprie così da fare il gallo cedrone con Giancarlo Giorgetti. Se il portafoglio europeo non è di prima fascia, per Fitto meglio essere super ministro che commissario, ma forse non vede l’ora di scappare prima che le incompiute del Pnrr arrivino al pettine. È pacifico che daranno tutti la colpa a lui.

Per ora l’unico Fitto per cui si tifa in Curva Nord è Gabriele il figlio di Raffaele, arrivato da poco nelle giovanili della Lazio da attaccante centrale. Dalla ridente Maglie si scalano tutte le classifiche. Forza Lazio!

Luigi Bisignani per Il Tempo, 18 agosto 2024

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