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Ululati a Maignan, carràmba che sorpresa: tra i razzisti c’è un nero

Gli insulti contro il portiere del Milan. Urlavano: “Scimmia”. Daspo per altri quattro autori: ci sono un uomo di colore e una donna

Maignan Insulti razzisti

Prima di tutto una premessa. Che farà indignare i politicamente sconnessi, i lunatici convinti che Elly Schlein esista davvero, ma da queste parti non siamo bravi a seguire la corrente e non ci importa di farci tanti amici inutili. Dunque, la premessa sarebbe che gli ululati ai giocatori di colore, i cori razzisti eccetera, più che uno scandalo, un abbrutimento, siano un avvilimento; tu vedi questi poveri pirla, che non si accorgono, tra l’altro, di comportarsi, loro, come scimmie, con quelle facce belluine, presociali, i musi eterni di chi azzanna panini all’autogrill e non progredisce un centimetro dal Neanderthal, la vil sottorazza dannata che ti fa dire: dove vogliamo andare? Mettici pure che il tutto avviene nel profondo nord sedicente, secredente evoluto, dinamico, laborioso e uno, ancora, anzi peggio: ma dove cazzo vogliamo andare, ridotti così.

Premesso tutto questo, dati causa e pretesto, il portiere vittimone Maignan si comporta come un fighetta. Alto due metri, grosso così, ma fatto di burro: e che palle però, e dai, lo sappiamo tutti che gli spalti sono pieni di sottosviluppati, era proprio il caso di fare quel tragedione? Davvero il grufolare di quattro malati mentali ti manda così in crisi? E giù articolesse, molto lesse, autodafè, è colpa di tutti, siamo tutti razzisti, è l’occidente patriarcale, strano che Gino Cecchettin non abbia detto la sua, ma forse sta presissimo a limare il discorso per Sanremo. Peccato che Maignan non abbia parato i latrati dei poveri falliti ispirandosi alla memorabile lezione di Dani Alves, ve lo ricordare, giusto dieci anni fa, mentre raccoglie la banana che qualche nullità gli ha tirato, se la sbuccia e se la mangia “alla faccia di chi ci vuole male”? Quando la provocazione è becera, si liquida con l’ironia, non la si piglia sul serio. Se la pigli sul serio la nobiliti quasi. Il ragazzone del Milan invece ne ha fatto una questione politica e, ovviamente, son saltati fuori i falsari di Repubblica e dintorni ad insinuare che, beh, è tutta colpa di Giorgia Meloni. Va beh.

Parte la caccia all’uomo, anzi al razzista, gran brillare di telecamere a circuito chiuso, confronti incrociati, riscontri, il cerchio si stringe e chi ci resta dentro? 4 disagiati di cui uno nero, nero, nero, nero come il carbon! Ma dai. Ma come si fa. Ma dove vogliamo andare. Ora, a parte la solita figura da cioccolatini (absit injuria tintae) dei piddini e compagnia trinariciuta, che cercavano nei bidoni dell’immondizia fascia e si ritrovano spazzatura colored, presumibilmente di quelli che sono soliti difendere a prescindere, preferibilmente con argomenti fra il pretestuoso e il demenziale: ma voi riuscite a immaginarvelo, un ne(g)ro che fa il verso della scimmia a un portiere di colore? Ma che roba è? Ma qui si sono vaccinati tutti! Ma gli dice il cervello a questo? E magari vota pure Soumahoro (probabile, più che probabile).

Son quelle cose che uno ride, ma, sotto sotto, fanno una paura d’inferno. Perché uno che arriva a certi cortocircuiti di logica, è veramente capace di tutto. Un povero scemo in libera uscita. E neanche basta, attenzione: perché fra i 4, tutti a quanto pare ampiamente nell’età della ragione, si fa per dire, fra i 32 e i 46 anni, ci starebbe pure una donna! Com’è che era? Le donne che sono migliori, che non sanno odiare, che sono empatiche, che capiscono tutto? Le donne contro la violenza, per la pace, l’uguaglianza e giù coi fiumi di parole, mi aspetto mille scuse, sei un fiume di parole, dove anneghi anche me? Forse bisognerebbe richiamare il servizio il Gino Cecchettin, meglio ancora la Paola Cortellesi. Che ci spiega una favola. Perché questa è una favola, dai. Ma come fa uno a immaginarsi una donna, donna, donna, sui 40 suonati, che allo stadio fa unga unga a un portiere, giovane, bello, un armadio, peraltro milionario? Lei e il black pirla. Io li vorrei vedere, questi qui. Così, per farmi due risate amare. Poi andrei dal Maignan, fanciullone alla Nutella, e gli direi: per ‘sti poveri mentecatti, hai fatto tutto ‘sto casino? Non lo vedi come stanno combinati? Non lo sapevi?

Ah, che vergogna, Daspo per 5 anni, no ma qui dentro allo stadio non ci mettono più piede, la vedrete, tutti d’accordo, Figc, Lega, Fifa, Uefa, Onu, Oms, l’Italia non tollera il razzismo, black lives matter a Udine, siamo tutti responsabili, tutti patriarchi, avanti con la sensibilizzazione, coi corsi di rieducazione, con gli scioperi nelle scuole, con le prediche presidenziali, fiumi di parole (provo l’unico rimedio, che adotto da un po’, la mia testa chiude l’audio, la storia la so) forza col cilicio, col gatto (nero?) a nove code sulla schiena, ah che barbarie, l’Europa ci vigila, è preoccupata, Giorgia dì qualcosa, hai la coda di paglia eh?

Quattro pirla. Tra cui un ne(g)ro. E una donna. Sui 45 anni. Oh, santi numi. E va bene che gli africani, volendo, sono i più razzisti sulla faccia della terra: contro i bianchi, fra di loro, Paese contro Paese, tribù versus tribù, se uno un po’ li ha frequentati sa che quelli si scannano sulla base di 50 sfumature di nero. Però qui non siamo in Congo o in Botswana, siamo a Udine, Italy. Il ne(g)ro razzista. Ma dai. Ma come si fa. Ma manco Checco Zalone.

E in conclusione, io lo so a cosa state pensando, lettori, e vi accontento subito: ma sì, certo, l’uovo sovranista di qualche anno fa (2018, come passa il tempo razzista), quello che centrò la discobola di colore Daisy Osakue dal buio di Moncalieri, e anche quella volta lì, a sinistra tutti a rotolarsi in terra, a dar la colpa, uhm, a Meloni no, non era ancora in spolvero, no, quella volta toccò a Salvini, e giù maledizioni, promesse, premesse, articolesse, manie di persecuzioni, miraggi, i Berizzi a zompar come Misirizzi, e poi erano stati tre pirlotti adolescenti uno dei quali figlio di un piddino. E tutti scapparono come topi e la storia dell’uovo razzista, se la rinfacci a un piddino, quello si piglia subito d’acido. Bestia che figura. La storia si ripete, la prima volta in forma di farsa, la seconda di atellana. Siamo sempre lì, corsi e ricorsi razzisti, e, in modo circolare, ci stanno sempre di mezzo i sinistri, i piddini, i provocatori sgangherati, incazzati neri prima, rossi di vergogna poi. Forse, la prossima volta, caro Maignan, sarà davvero il caso di far finta di niente, nell’interesse anzitutto degli antirassisti in servizio permanente effettivo, perché no, non è una cosa seria, anche se fa ridere, ma di una allegria desolata, avvilita, rassegnata, dove vogliamo andare.

Max Del Papa, 25 gennaio 2024

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