Come sostengono i garantisti più ragionevoli, mi sembra evidente che la separazione delle carriere dei magistrati non risolva in radice i gravi problemi che affliggono il nostro traballante sistema giudiziario. Tuttavia essa rappresenta un passo importante per sostenere quella tanto decantata terzietà del giudice che, ahinoi, un certo malinteso senso di colleganza, insito endemicamente in un Paese un po’ levantino come il nostro, mette troppo spesso in discussione.
Tant’è che, vorrei ricordare soprattutto ai convinti sostenitori della purificazione giudiziaria della società, durante l’epoca buia passata alla storia come “Mani pulite”, gran parte dell’informazione nazionale non faceva alcuna distinzione tra la figura del magistrato inquirente e quella del magistrato giudicante. Ciò portava ad una preoccupante semplificazione terminologica, ancora molto presente nella pancia del Paese, con cui qualunque magistrato era definito “giudice”. Da qui la nefasta conseguenza, anch’essa piuttosto in auge in Italia, secondo la quale si arriva a ritenere un avviso di garanzia, emesso di un procuratore della Repubblica, l’anticamera di una condanna quasi definitiva.
Tutto questo non può che influenzare, anche a causa di un imbarazzante colpevolismo mediatico avidamente a caccia di facili ascolti, i singoli cittadini. Cittadini che quando saranno chiamati a formare gli organi chiamati ad giudicare i cittadini rinviati a processo tenderanno ad essere pregiudizialmente influenzati anche dalla perdurante confusione di ruoli che ancora oggi persiste.
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D’altro canto, tale confusione è accresciuta da un certo andare e venire dei togati tra una funzione e l’altra. Inoltre in moltissimi casi, in cui l’errore giudiziario sembra emergere in modo più che evidente, si ha la sensazione che nei successivi gradi di giudizio si faccia copia incolla della prima sentenza, tralasciando tutta una serie di macroscopiche contraddizioni nella ricostruzione dell’accusa.
Ma non basta, è anche accaduto che dopo il primo grado di giudizio, pur di non smentire la prima sentenza, sia stato radicalmente modificato il movente del delitto (così come avvenuto nel caso di Avetrana), la qual cosa avrebbe dovuto instillare nel giudici di Appello e di Cassazione un ragionevole dubbio grosso come una casa.
E a chi difende l’attuale commistione tra i ben distinti ruoli dei magistrati, vorrei segnalare che l’Italia si trova al primo posto in Europa in merito agli errori giudiziari ufficialmente riconosciuti tali: circa 30.000 dal 1991 al 2022.
Ma personalmente ritengo che il numero delle persone condannate ingiustamente potrebbero essere ben superiori a questa agghiacciante cifra.
Pertanto, ritenendo che la terzietà del giudice dovrebbe rappresentare la principale garanzia per tutti i cittadini, non credo che la permanenza dell’attuale commistione nelle carriere dei magistrati possa migliorare le cose.
Claudio Romiti, 31 marzo 2025
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