Facciamo un piccolo salto indietro. Siamo a dicembre del 2023, quando l’onda lunga di indignazione per la morte di Giulia Cecchettin è ancora ai massimi livelli. Le piazze femministe ribollono di manifestazioni come non hanno fatto per altre donne rimaste uccise e come non faranno in futuro, soprattutto quando il delinquente non ha i tratti somatici caucasici e la cittadinanza italiana per ius sanguinis. A Bologna, come spesso accade, le istanze in rosa si mescolano con quelle per il diritto della casa e in occasione dello sgombero di due edifici occupati si registrano i soliti scontri tra la polizia e i collettivi: dieci poliziotti feriti, qualche fermo, e alla fine se ne viene fuori Ilaria, 26 anni, pronta ad accusare con tanto di foto, video e testimoni un agente per “violenza sessuale”. La colpa della divisa? Aver sferrato un calcio all’inguine della ragazza.
Ilaria presentò la sua battaglia in diversi video sui social e si affidò ad un avvocato per depositare l’esposto. “Non stiamo denunciando per lesioni – disse il legale, Marina Prosperi – ma per violenza sessuale”. Quel “calcio addestrato e mirato”, ribadì la giovane, era il simbolo del patriarcato: “Un uomo mi ha colpito in mezzo alle gambe, nelle mie parti intime, per dirmi che lì dovevo stare in quanto donna”. Per l’avvocato era evidente “la volontà simbolica di penetrazione“. E pure il Pd spalleggiò la giovane parlando di “un’immagine non degna della divisa”.
Sia chiaro: quel calcione sarà stato anche fuori luogo e scomposto, visto che il poliziotto aveva a disposizione un manganello e per respingere i manifestanti poteva usare quello. Ma da qui a parlare di “violenza sessuale” ce ne passa. Soprattutto se il pestone parte nel mezzo di un tafferuglio o di una sorta di guerriglia urbana. Sarebbe bastato il buonsenso per capirlo, invece le “femminist*” hanno tirato in mezzo la Procura di Bologna che, deo gratias, le ha rispedite al mittente presentando istanza di archiviazione. Secondo l’avvocato Prosperi “non ci sarebbero immagini sufficienti a dare contezza di quanto avvenuto” e soprattutto per la procura, spiega Repubblica, “la manifestazione in corso non era pacifica” e quel calcio sarebbe partito “senza alcuna volontà di colpire la zona del pube”.
Ovviamente Ilaria mica si arrende. Rilancia. Anzi, raddoppia. Si opporrà all’istanza di archiviazione e sui social denuncia la “volontà di zittire chiunque alzi la testa” in un clima “di piena legittimazione di ogni abuso poliziesco”. Il video è il solito armamentario di “repressione”, “manganellate”, “censura”. Non si farà intimidire, Ilaria. E tornerà in piazza “con ancora più rabbia” per “cambiare questo mondo” e per mettere il suo “corpo” a disposizione “del desiderio di una vita bella”. Un mondo in cui un calcio diventa violenza sessuale. Dio ce ne scampi.
Giuseppe De Lorenzo, 28 febbraio 2024
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