Tempi duri per il buonsenso. La religione woke attanaglia la società occidentale ed è ormai diventata dominante negli Stati Uniti, terra dove spesso le ideologie talebane hanno avuto la meglio sul senno. L’ultima drammatica testimonianza arriva dal Vermont, dove il Dipartimento della Salute ha pubblicato un manuale semplicemente folle: l’ordine è usare “child” o “kid”, ossia “bambino”, e non “daughter” (“figlia”) o “son” (“figlio”).
Purtroppo non si tratta di una novità. Le realtà woke prevedono il ricorso ai termini gender-neutral, anche se si tratta di bambini. Magari parlare di bambini maschi o bambine femmine potrebbe urtare la sensibilità di qualche integralista del mondo Lgbt. O, peggio ancora, secondo qualche fondamentalista arcobaleno un bambino potrebbe sentirsi una bambina o viceversa.
Ma i cittadini del Vermont non hanno lasciato correre. Decine di persone hanno attaccato frontalmente l’amministrazione. “Ma usate i soldi delle tasse per queste assurdità?”, la provocazione di molti genitori. Ma non è tutto. Il vademecum woke prevede altri consigli barra ordini. Basta utilizzare il termine “household members”, meglio “family members”. La motivazione? “Non tutte le famiglie vivono nella stessa casa: pensate ai genitori divorziati o incarcerati, ai fratellastri, ecc”. Robe da pazzi.
E ancora, meglio riferirsi semplicemente a “family” (“famiglia”) anziché “estende family” (“famiglia allargata”) perché “spesso nonni, zii, zie e cugini sono parti importanti di un nucleo familiare”. La trovata woke è stata pubblicata anche sui canali ufficiali del Vermont e le reazioni sono state pressoché negative. Emblematico uno dei commenti più applauditi: “Chiamerò i miei figli come voglio!”. Altro che ordini “risvegliati”. E ancora: “Mi riferirò con orgoglio alle mie figlie come figlie. Sono incredibilmente orgogliosa di essere una donna e spero che lo siano anche le mie ragazze”.
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Non sono mancati i riferimenti alla “polizia woke”, ormai un classico negli States. Ma il Vermont non è nuovo a iniziative di questo genere. Sul suo sito internet, il Dipartimento della Salute ha elencato i “pilastri della giustizia sociale”, sottolineando che l’obiettivo della struttura è “mettere al centro la giustizia sanitaria e ad affrontare il razzismo e tutte le forme di oppressione nei nostri programmi e nelle nostre politiche”. Negli ultimi anni inoltre gli attivisti transgender e non binari hanno portato avanti campagne per eliminare il linguaggio di genere e adottare una formula “più inclusiva”. Ora la missione è diventata pubblica.
Franco Lodige, 2 settembre 2024
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