Esteri

Guerra in Medio Oriente

Un nemico fa comodo: quali sono i veri interessi di chi sostiene Hamas

Israele Libano

Sebbene in molti paventassero l’allargamento del conflitto tra Israele e i terroristi di Hamas, con l’ingresso in campo delle truppe cammellate di Hezbollah, dopo l’atteso discorso del suo leader, Hassan Nasrallah, non è successo nulla di rilevante.

D’altro canto, ciò era stato ampiamente previsto da Edward Luttwak, il quale così si è espresso in un lungo commento sul Giornale del 28 ottobre: “Il violento leader di Hezbollah, Nasrallah, e i suoi padroni iraniani continuano a invocare la distruzione di Israele (insieme ai consueti slogan di «morte agli Stati Uniti»), ma nel frattempo nessuno dei due ha reagito alla distruzione, da parte di Israele, dei terminal merci negli aeroporti di Aleppo e Damasco che l’Iran utilizza per consegnare le armi a Hezbollah.” Il politologo statunitense ha poi aggiunto che lo stesso Nasrallah, memore della distruzione operata dall’esercito israeliano nei territori libanesi controllati da Hezbollah, durante il conflitto del 2006, difficilmente metterebbe a repentaglio le infrastrutture che la sua fazione ha costruito negli ultimi 15 anni. “Non è irragionevole aspettarsi – aggiunge Luttwak – che l’unico leader della regione che si preoccupa dei suoi sostenitori (Hamas sacrifica volentieri i suoi seguaci alla causa islamica) non voglia esporli a un’altra devastante campagna di bombardamenti, solo per lanciare dei razzi contro Israele – soprattutto perché dal 2006 la capacità di fuoco israeliana è quasi triplicata (senza voler citare anche la piccola questione della vulnerabilità personale di Nasrallah).”

Ebbene, al netto del lungo e incendiario discorso pronunciato il 3 novembre, il capo di Hezbollah ha fornito l’ennesima dimostrazione di quanto sia essenziale per le autocrazie della regione la presenza di nemico forte come Israele. Un nemico esterno che, come sostenuto da Roberto Arditti nei riguardi dei regimi totalitari in generale, risulta piuttosto funzionale per controllare le proprie dinamiche di potere interne. Quindi, partendo da questo presupposto, è ovvio che né l’Iran né Hezbollah, al pari di altri regimi della regione ostili allo Stato ebraico, non hanno nessun interesse pratico a sostenere una concreta strategia per risolvere la tormentata causa palestinese. Così come, e da qui probabilmente scaturisce l’orrenda strage del 7 ottobre, lo storico avvicinamento dell’Arabia Saudita ad Israele, conseguenza diretta degli Accordi di Abramo, avrebbe inflitto un colpo mortale alla strategia del terrore perseguita dalle stesse autocrazie.

Eppure nel mondo occidentale, a parte i soliti sinistri personaggi antisistema, eternamente contro Israele in quanto emanazione delle oligarchie demoplutocratiche americane, non sono pochi gli osservatori e gli analisti che continuano a dividere il campo tra chi vorrebbe “liberare” la Palestina, includendo Hamas, Hezbollah, Iran e compagnia cantante, e chi vi si oppone, con in testa Israele, gli Stati Uniti e i suoi alleati.

Sbaglierò, ma finché in quella rovente zona del globo prospereranno regimi lontani anni luce dalle nostre assai imperfette democrazie liberali, sarà assai difficile che la sempre più strumentale causa palestinese trovi una ragionevole soluzione.

Claudio Romiti, 6 novembre 2023

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