Un poderoso decreto a saldo zero. Può sembrare una contraddizione in termini, ma è nulla più che la sintesi tra la presentazione che è stata fatta del decreto e le risorse che sono state messe su di esso.
Né, del resto, potrebbe essere diversamente, visto che, quando il poderoso decreto è stato approvato lunedì in Consiglio dei Ministri, ancora non era stato votato in Parlamento alcun via libera ad ulteriori scostamenti di bilancio, dopo quello da 25 miliardi, già interamente utilizzati nell’ambito del primo decreto Cura Italia.
La norma che dovrebbe garantire 200 miliardi aggiuntivi di prestiti “pronta cassa” per le Pmi, tramite il Fondo di garanzia, è nella sostanza una riscrittura dell’art. 49 del primo decreto Cura Italia (che viene infatti abrogato e sostituito), ivi compreso l’utilizzo di quella stessa dotazione finanziaria di 1,5 miliardi che era stata in quell’occasione stanziata nell’ambito dei 25 miliardi.
La norma che dovrebbe garantire gli altri 200 miliardi per la media e grande impresa, tramite la Sace, è per il momento finanziata da 1 miliardo che viene spostato da un fondo a un altro e che costituisce mero saldo netto da finanziario, non indebitamento.
Per il resto, tutte le altre norme del decreto sono espressamente a saldo zero, ivi comprese quelle che spostano le scadenze di alcuni versamenti fiscali di aprile e maggio, perché, come già in occasione del precedente decreto, questo spostamento temporale è minimo e, non sconfinando negli anni successivi, non impatta sull’indebitamento.
Può sembrare uno scherzo di cattivo gusto, ma non lo è.
Risorse arriveranno certamente in futuro, anche perché quando si tratterà di rifinanziare casse integrazioni e indennità mensili varie (cose che non a caso mancano in questo decreto) la filosofia starà a zero e ci vuole spazio di indebitamento nei saldi.
Al momento, tuttavia, non c’è un euro. È anche per questo che le attese della vigilia su vero e proprio maxi-prestito ponte alle imprese sono andate deluse.
Non vi è dubbio infatti che le misure messe in campo impattano su un volume di prestiti richiedibili potenzialmente pari a 400 miliardi di euro, tra partite Iva, Pmi e grande impresa, ma non vi è del pari dubbio che, specie per il comparto Pmi, si tratta del mero potenziamento di misure che già c’erano e che certamente daranno una mano aggiuntiva, ma che certamente non determinano nemmeno lontanamente l’effetto “da zero a quattrocento” che un ascoltatore distratto potrebbe legittimamente ricavare dalla presentazione che ne è stata fatta.
Ovviamente i dettagli esatti saranno noti quando sarà noto il testo che, come ormai tradizione, latita addirittura per giorni dopo la sua approvazione.