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Una democrazia che sbaglia è meglio della tecnocrazia - Seconda parte

Grande invenzione, sicuramente, è la plastica ma le apocalissi ittiche di cui essa è responsabile sono mere “esternalità negative” e volerne ridurre l’uso è roba da oscurantismo ambientalista? Le «catene della grande distribuzione» hanno reso un indubbio servizio ai consumatori ma la scomparsa dei «piccoli esercizi di vicinato» non ha stravolto interi quartieri cittadini – a Genova, a Firenze, a Roma – con perdite innegabili e non solo sul piano culturale ma su quello dell’ordine pubblico? Insomma ogni mutamento sociale indotto dall’economia ha i suoi pro e i suoi contro: di qui la responsabilità che grava su ciascuno di noi, quando ci troviamo nella cabina elettorale, per decidere quale farmaco politico sia preferibile a un altro per curare i nostri mali sociali; ma di qui anche il dovere di evitare la Scilla del razionalismo alla Condorcet come la Cariddi del catastrofismo alla Leopardi.

L’aureo saggio di Federico Rampini, La notte della sinistra (Ed. Mondadori) – come già gli scritti di Luca Ricolfi – indica «da dove ripartire». E cosa pensare di «una sinistra pigra e autoreferenziale, |…| quella che passa il suo tempo a lanciare scomuniche, a levare alte grida d’allarme, contro la deriva autoritaria»

Dino Cofrancesco, Il Dubbio 4 aprile 2020

 

 

 

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