Quando un regime crolla, quasi sempre un processo politico viene istituito per liberare la coscienza civile e cominciare un nuovo corso, oltre che per espellerne dalla vita politica i principali esponenti. Il modello è ovviamente quello di Norimberga, che è però sempre rimasto un unicum, visto che con la caduta dei comunismi e di altri regimi autoritari raramente si è ripercorsa quella strada.
Se mai il regime sanitocratico dovesse cadere, benché non si veda come, visto che una parte dell’opposizione ne fa parte inconsapevolmente (il massimo della coglionaggione); e si volesse istituirne una Norimberga simbolica, ideale – senza condanne, senza impiccagioni, per carità! – ecco secondo noi chi dovrebbe andare alla barra.
Roberto Speranza il primo. Rappresentante dell’ala dura, comunista pura, del lockdown, è il principale teorico della segregazione ma anche il principale responsabile politico della esplosione delle varie seconde, terze, quarte ondate, visto che nulla ha fatto per aumentare i posti letto e le terapie intensive, salvo poi frignare che il virus metteva in pericolo una sanità da terzo mondo, la sua. Quando, la scorsa estate, sembrava che le cose stessero andando meglio, anziché lavorare sulla sanità, si è dedicato a scrivere un libro autocelebrativo. Clamorosamente, quando il Paese è stato travolto dalla seconda ondata, ha dovuto ritirarlo dagli scaffali.
In prima linea alla sbarra pure Boccia, il ministro delle Autonomie che, pur non avendo competenze in materia, è diventato l’altra testa del mostro segregazionista all’interno del governo. Se per il comunista Speranza il lockdown è un modo attuale e rapido per applicare la austerità berlingueriana come via al collettivismo, Boccia è un liberal post cristiano o cattolico adulto (il che fa lo stesso) e per lui il covid è una straordinaria occasione per distruggere le varie superstizioni del passato, a cominciare dal Natale e dalle messe. Ovviamente come ministro non ha combinato nulla, essendo incapace di mettere ordine alla cacofonie tra i poteri regionali e quelli nazionali
Alla sbarra anche Conte, ovvio, perché formalmente (e solo formalmente) capo dell’esecutivo: avrebbe voluto fermare il mostro segregazionista del duo Speranza – Boccia ma gli è mancato il coraggio, e cosi le sue prese di posizione ragionevoli hanno avuto la durata di una pochette esposta al vento.
Ogni regime che si rispetta, oltre ai gerarchi, utilizza gli esperti, i tecnocrati e i propagandisti. Tra gli esperti, abbiamo assistito in televisione al ritorno di una figura ben nota nel comunismo o nella Germania nazional socialista; lo scienziato di regime. Per lui la verità non è quella scientifica ma quella sostenuta dal Partito o dal Capo. Ve ne sono di due tipi: gli scienziati gerarchi veri e propri, legati al governo o ai ministri come Ricciardi e Ranieri Guerra, con le loro uscite terroristiche e ansiogene, le loro previsioni quasi sempre sballate, le loro minacce. Dato il loro ruolo politico, a loro spetta anticipare le proposte dei ministri: se si prendono un sacco di sberle, i loro mandatari politici capiscono che non è il caso di continuare. Nel caso di Ranieri Guerra, c’è un’aggravante: da capo del Dipartimento prevenzione del ministero della Salute, avrebbe dovuto occuparsi di aggiornare il Piano pandemico nazionale. Non lo ha fatto. Così, da numero due dell’Oms, a maggio, ha brigato perché fosse alterato il famoso report che demoliva il “modello italiano”, sbugiardando la narrativa del governo e rivelando al mondo la sua omissione sul Piano anti epidemie.
Poi ci sono i cosiddetti indipendenti, i Galli, i Crisanti, i Pregliasco. Stanno molto più tempo in tv che in ospedale o nei laboratori (uno di loro è riuscito ad essere In onda alla stessa ora su due trasmissioni diverse): anche il loro compito è quello di minacciare e di terrorizzare. Rispetto agli scienziati gerarchi, la loro apparente autonomia consente di essere persino più pasdran del governo stesso. Alcuni di loro ex maoisti, gli pareva che Speranza e Boccia non fossero abbastanza comunisti … ehm abbastanza rigorosi,nel controllo del Covid, e giù critiche, che però di fatto hanno funzione di rafforzare il governo.
Poi alla sbarra ci vanno i propagandisti puri, i giornalisti. La pandemia ha accelerato e portato a compimento un processo già visibile negli ultimi anni: la totale trasformazione dei media in apparati puri di propaganda, quando nel passato avevano cercato perlomeno forme di mediazione. I giornali mainstream, Repubblica, Corriere, la Stampa, si sono trasformati in organi del PUS (Partito unico della Segregazione) , con quantità di pagine dedicate alla pandemia, toni urlati, interviste agli scienziati di regime, casi esemplari più o meno inventati. Il giornalismo di inchiesta, ciò defunto da tempo, è stato sostituito dall’inviato voyeur che conta le persone allo struscio, inaugurando il genere “troppo gente in giro”.