E in un’intervista rilasciata a Repubblica si esprime così riguardo al fascismo e ai presunti nostalgici del Ventennio tanto utili alla strumentalizzazione politica della sinistra: “Sono sempre stata pudica, equilibrata. Le pose colorite non mi sono mai piaciute, anzi mi hanno sempre lasciata perplessa. Anche mio padre era così. Se uno gli faceva il saluto romano lui si schermiva”. E sempre a proposito del padre e dell’educazione ricevuta afferma: “La mia famiglia era molto aperta. Papà è stato un jazzista importante. Mi ha educato alla tolleranza. Ha portato il suo cognome con molta dignità. Inizialmente si esibiva con uno pseudonimo, poi anche nel suo caso, il jazzista ha prevalso sul cognome”.
E ancora: “In consiglio comunale ho costruito ottimi rapporti con i colleghi del Pd. La politica è una cosa, i rapporti umani un’altra. Ho anche molte amiche di sinistra. Una ha certamente votato per me”.
Come vedete, Rachele, nonostante tutto, non ribatte all’odio con altro odio. Tutt’altro. Parla di “tolleranza”, di “ottimi rapporti con i colleghi del pd”, delle “amiche di sinistra che hanno votato per lei”. Ci fa dunque capire che a sinistra non sono tutti come quelle bestie del web che la ritraggono a testa in giù, e anzi che forse quelle persone costituiscono una minoranza. Esattamente come a destra sono in netta minoranza i neofascisti. Rachele ci insegna anche che si può andare oltre il pregiudizio e il credo politico.
Cari odiatori, fra tutti, voi avete ricevuto certamente la lezione di vita più importante. E, per la famosa legge del contrappasso, l’avete presa da una donna che di cognome fa Mussolini.