Sono più di quattro mila i docenti e ricercatori che hanno sottoscritto un appello per il cessate il fuoco a Gaza. I punti di riferimento delle università italiane hanno invocato l’interruzione immediata delle collaborazioni con le istituzioni universitarie e di ricerca israeliane “fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale e umanitario”. Una petizione che ha diviso il mondo accademico, già ferito dalle occupazioni degli studenti e dalle manifestazioni controverse.
I firmatari dell’appello hanno condannato i bombardamenti indiscriminati dell’esercito di Israele a seguito delle “brutali azioni” di Hamas, ricordando per le cause “determinanti e antecedenti” di questa ondata di violenza e riconducendole “all’oppressione storica, disumana e coloniale che i palestinesi stanno vivendo da 75 anni”, qualificata come una forma di apartheid. Massima solidarietà alle vittime del 7 ottobre, è il ragionamento dei firmatari, ma “nessuno può negare che Israele ha messo in atto una politica di occupazione fin dalla nascita”, la testimonianza del professor Pierluigi Musarò al Corriere.
Ma c’è chi dice no. In questa ondata anti-Israele, spesso legittimata dalla sinistra, nel mondo delle università tante persone hanno deciso di non restare a guardare e di prendere posizione. Persone che non accettano la definizione di combattenti della libertà per i terroristi di Hamas, che non dimenticano la disumana ferocia del 7 ottobre, tra stupri, mutilazioni e barbari omicidi. Ma non solo. Nel folto gruppo che si è scagliato contro il boicottaggio, anche professori e ricercatori che lottano per quel pluralismo che dovrebbe essere centrale nell’università.
Firmata da oltre tre mila persone, la petizione contro il boicottaggio delle università israeliane rappresenta un grande esempio di libertà, ma soprattutto un segnale contro il crescente antisemitismo anche all’interno dei vari atenei. Senza dimenticare gli “allarmanti episodi di regressione culturale e democratica” denunciati dai firmatari. E ancora: “Con la nostra lettera desideriamo sottolineare che la Richiesta Urgente (l’appello lanciato dai professori universitari contro Israele, ndr), per quanto “urgente”, non rappresenta il punto di vista della totalità della comunità universitaria. Al contrario, esprime opinioni che molte colleghe e colleghi delle istituzioni di alta formazione respingono con decisione. Travestita da dichiarazione a favore delle vittime palestinesi di questo conflitto, la Richiesta Urgente è un coacervo ideologico che nega la realtà storica e fattuale, oltre a contenere elementi di pregiudizio antisemita”. Un testo che smonta punto per punto le inesattezze dei pro-Gaza e soprattutto una certa tendenza anti-liberale, mirata a stroncare la circolazione delle idee in un luogo centrale come l’università in favore di una narrazione unica (come sempre rossa). Con buona pace di certi presunti intellettuali.