Scuola

Università, la sinistra continua a difendere il sistema baronale

© SvetaZi e Manuel-F-O tramite Canva.com

In un’interpellanza alla ministra Anna Maria Bernini, il deputato grillino Antonio Caso ha puntato il dito contro la crescita di atenei privati telematici volti a rispondere a una diffusa domanda di formazione che proviene in particolare, ma non soltanto, dai lavoratori. Le parole usate dal parlamentare pentastellato la dicono lunga sulla sinistra italiana, dato a giudizio di questo esponente dell’opposizione l’università dovrebbe essere sempre e comunque “scevra da logiche commerciali finalizzate al profitto” e quindi gli atenei non dovrebbero generare utili, né (aggiungo io) pagare imposte.

In sostanza, la demonizzazione della libera impresa e del mercato competitivo continua a essere un punto fermo del progressismo italico. Se questa è la cultura della sinistra, c’è poco da essere allegri. Invece che prendere atto del successo di uno dei nostri nuovi settori di punta, che non a caso ha pure attirato massicci finanziamenti stranieri, si cerca di affossare una realtà che s’è messa al servizio di oltre 200mila studenti e sta crescendo anno dopo anno. Le principali ragioni di questa ostilità alle nuove forme di insegnamento universitario privato sono evidenti.

D’altra parte, nel rispondere all’interpellanza la ministra non ha usato mezze misure, rimarcando di non avere alcun interesse per alleanze né potentati. Si può leggere in queste parole la volontà di delineare regole che servano tutti e non privilegino alcun gruppo, rigettando così l’accusa di essere pregiudizialmente schierata a favore di questo o quell’ateneo privato. Chi conosce l’università italiana, però, in quelle parole avverte anche la volontà di rigettare il conservatorismo ottuso di un sistema baronale di Stato che dispone di un potere immenso: basti pensare alla gestione degli ospedali, da un lato, e alle collaborazioni con i maggiori gruppi industriali, dall’altro, per non parlare dei ben noti meccanismi distorti di assunzione e carriera.

Se la sinistra anche in questa circostanza difende i soliti centri di potere schierati a difesa dell’esistente, è compito del governo avere coraggio, proseguendo sulla strada intrapresa e guardando ai veri interessi della società italiana: perché è assurdo che in Europa soltanto la Romania abbia meno laureati di noi ed è formidabile, invece, che una delle risposte più significative a tutto ciò sia emersa dalla società civile e dalla libera impresa, e più nel Mezzogiorno che al Nord. Per giunta, chi da sinistra attacca la possibilità di avere qualche spazio di concorrenza nel mondo accademico lo fa per difendere le “casematte” del dominio ideologico oggi esercitato dai sacerdoti del politicamente corretto.

Antonio Gramsci delineò un progetto ben chiaro, la conquista dei luoghi di produzione della cultura, e chi è venuto dopo di lui l’ha saputo realizzare. In questa fase storica i progressisti – legati all’establishment finanziario e politico – temono che l’apertura di nuovi spazi indipendenti di alta formazione limiti quel controllo quasi monopolistico che essi sono in grado di esercitare nelle università statizzate. Se ne faranno una ragione.

Carlo Lottieri, 25 settembre 2024

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