Cronaca

Urlano “dal fiume al mare” ma non sanno quali: sondaggio clamoroso sui pro-Pal

Condannata un’attivista tedesca per aver urlato lo slogan anti-israeliano in piazza. Si apre il dibattito: è libertà di parola?

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Nella Zuppa di Porro di ieri, si discuteva della legittimità – o meno – di condannare un manifestante ProPal, come avvenuto in Germania, per aver urlato lo slogan “dal fiume al mare”. Frase fatta simbolo delle proteste contro Israele, ma con un significato ben chiaro: eliminare gli ebrei dal Medio Oriente. Su questo nostro sito, ai tempi della pandemia, quando pensarla diversamente era un crimine a prescindere, abbiamo ospitato per scelta le opinioni più disparate. Anche quelle che venivano subito bollate come “no vax” o indegne di essere rappresentate. La nostra apertura al free speech è massima.

Sulla Stampa ieri Flavia Perina si domandava se fosse logico imporre una multa ad un’attivista tedesca anti-Israele. Ci sarebbe piaciuto che il quotidiano torinese si scandalizzasse anche per censura, vera, cui venivano sottoposti i non allineati pandemici o, per restare nell’attualità, denunciasse l’ostracismo contro gli scienziati che non accettano il dogma del riscaldamento globale opera dell’uomo bianco occidentale. Ma questa è un’altra storia.

Mentre Perina ragiona sull’opportunità di punire chi urla “dal fiume al mare”, sullo stesso giornale Assia Neumann Dayan ritiene che si tratta “di una chiamata alla cancellazione di Israele, quindi sì, è un crimine e no, non è una posizione lecita. Succede di avere posizioni non lecite, basta assumersene la responsabilità”. Ma non è questo il punto. Ci ha sorpreso, oggi, leggere di un sondaggio che ci era in parte sfuggito. Risale allo scorso dicembre e ne dà atto la stessa Dayan. Quando il Wall Street Journal commissionò un sondaggio tra 250 studenti per capire quanti di loro fossero coscienti di quello che stavano urlando appoggiando l’idea “dal fiume al mare”, solo il 47% sapeva di quale fiume e di quale mare si trattasse. “Però suona così bene – conclude Dayan – come fai a non cantarlo, anche se pensi che il fiume sia l’Eufrate e il mare il Mar Morto, che non è nemmeno un mare. Meno di un quarto di loro sapeva chi fosse Arafat, più del 10% pensava che fosse un primo ministro israeliano. Sono convinta che lo slogan si sia diffuso perché è come un jingle pubblicitario: fa rima, è facile, occupa poco spazio in un carosello di Instagram”.

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