Noi eravamo stati chiari: la nomina di Teresa Ribera in qualità di vicepresidente esecutiva per la Transizione pulita, giusta e competitiva era un pericolo. La spagnola è sempre stata una talebana del green, con posizioni a dir poco integraliste su dossier come clima ed energia. Da ministra della transizione ecologica del governo spagnolo guidato da Pedro Sanchez ha scatenato polemiche su polemiche per le sue decisioni più ideologiche utili al benessere e all’economia dei cittadini. E lo stesso rischio si sta palesando per tutta l’Europa.
Neanche il tempo di entrare in carica e la Ribera ha subito messo le cose in chiaro: la Commissione europea non farà alcun passo indietro sullo stop ai motori benzina e diesel a partire dal 2035. “È una cosa che nessuno sta prendendo in considerazione, né noi, né nessun altro” la conferma della spagnola, l’erede naturale dell’incubo Frans Timmermans. A margine della visita alla ArcelorMittal di Gand, in Belgio, la spagnola ha sottolineato che la vera questione da affrontare è come “accompagnare l’industria automobilistica europea in un processo di trasformazione in corso e in una corsa industriale globale attivata da anni” mantenendo “stabilità” e “certezza sulle tempistiche”. Fuffa allo stato puro.
La Ribera forse non si è resa conto della realtà, della vita vera e pensa di vivere nel Paese delle meraviglie. Il mercato delle auto elettriche è una Caporetto, con buona pace delle grandi aspettative dei geni del Green Deal. Le fabbriche chiudono e i lavoratori vengono licenziati, ma ecco il genio del governo europeo che chiude le porte al dialogo sui motori a combustione. Mettere mano al regolamento sulle emissioni di CO2 alla luce della situazione attuale non dovrebbe essere un tabù, ma se fai gestire un portafoglio così importante alla nemesi del buonsenso te la vai anche a cercare.
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Sì, perché la Ribera forse non si è resa conto che la Volkswagen – un colosso, non l’azienda di Topolino – ha annunciato la chiusura di tre fabbriche e decine di migliaia di licenziamenti. Non è a conoscenza delle difficoltà incontrate da Audi, Ford, Stellantis, senza dimenticare l’indotto. Un disastro a cielo aperto, ma la talebana se ne frega e pensa ai diktat verdi. Una doccia gelata per chi, come il Partito popolare europeo, è pronto a sedersi al tavolo per cambiare i target e rivedere l’intero provvedimento che si sta traducendo in un suicidio economico e sociale.
Come ben sappiamo, il governo italiano aveva già mosso i primi passi per chiedere un ammorbidimento della legge, mentre il Ppe ha lavorato a un position paper sul tema della competitività nel settore automotive, sottolineando che il divieto previsto per il 2035 sui motori a combustione interna dovrebbe essere revocato per riflettere la neutralità tecnologica, consentendo così un mix di tecnologie. “La revisione dovrebbe riconoscere il ruolo dei carburanti alternativi, inclusi e-fuels, biocarburanti, carburanti rinnovabili o sintetici, prevedendo esenzioni esplicite, accompagnate da altre misure come l’introduzione di un fattore di correzione del carbonio, rivedendo così il divieto sugli Ice a partire dal 2035” l’analisi dei popolari.
Ma la Ribera non sembra intenzionata nemmeno a sedersi al tavolo. Per lei il discorso è chiuso, mica le importa se a farne le spese sono ancora una volta le aziende, i lavoratori e le famiglie. Una cosa è certa, con buona pace di chi pensa di poter prendere in giro il prossimo: sono bastati pochi giorni per fare emergere tutte le contraddizioni di questa Commissione europea, che si basa unicamente sulla necessità di arginare la destra. I risultati sono questi: lacrime e sangue per il prurito green dei soliti fondamentalisti.
Franco Lodige, 4 dicembre 2024
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