Un’Europa sorda, cieca, tracotante, che non ha imparato niente dagli errori del passato e che si ostina a farsi beffe della volontà popolare. A più di due settimane dal voto per le europee, è stato raggiunto l’accordo sulle nomine Ue e come purtroppo temevamo i “top jobs” sono stati assegnati tra Ppe, socialisti e liberali. Molti sconfitti al tavolo dei vincitori, con nomi bocciati dagli europei ma riproposti come se nulla fosse accaduto: la popolare von der Leyen rimarrà al suo posto alla guida della Commissione europea, il socialista portoghese Antònio Costa sarà presidente del Consiglio europeo e la liberale estone Kaja Kallas diventerà Alta rappresentante per la politica estera.
Arroganza e prepotenza, la solita accozzaglia che se ne infischia delle scelte degli elettori, scavando un fossato sempre più grande tra il popolo e i suoi rappresentanti. La maggioranza uscente ha fatto il possibile per mantenere le poltrone e la fumata è stata bianca, grazie al lavoro incessante dei sei negoziatori, un gruppetto composto anche da sconfitti eccellenti: il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il primo ministro polacco Donald Tusk per il Partito popolare europeo, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e il cancelliere tedesco Olaf Scholz per i socialisti, e il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte per i liberali. Basti pensare al capo dell’Eliseo, ormai mollato da tutti a Parigi eppure capace di mantenere la targhetta nei gangli del potere Ue.
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Strada spianata al Consiglio europeo di giovedì e venerdì a meno di clamorose sorprese, soprattutto per quanto riguarda la von der Leyen. Nominata presidente della Commissione Ue per pochi voti – quelli del Movimento 5 Stelle, per intendersi – l’ex ministro della Difesa di Berlino potrebbe dover fare i conti con decine di franchi tiratori, pronti a mettere i bastoni tra le ruote all’ammucchiata pseudo-vittoriosa. Come è possibile, alla luce dei risultati delle elezioni europee, non coinvolgere nelle trattative i conservatori? La cadrega è la cadrega, ma arrivati a un certo punto il buonsenso dovrebbe interpretare un ruolo da protagonista. E invece no, Macron e i suoi compagni di merende sono riusciti a mantenere il potere con lo zenit del manuale Cencelli: l’intesa soddisfa infatti i criteri di equilibrio di genere (due donne e un uomo), origine geografica (una estone, una tedesca e un portoghese) e colore politico (una popolare, un socialista e una liberale).
Che senso ha votare? Questa domanda è circolata con insistenza sui social network nelle ultime ore ed è comprensibile: chi rappresenterà quei milioni di voti che invocavano un cambiamento? Una nuova Europa, lontana dai diktat integralisti della religione green? Perché le promesse contano fino a un certo punto, i fatti rappresentano l’unico metro di giudizio. E di fatti, negli ultimi cinque anni, ne abbiamo visti pochi, pochissimi.
Franco Lodige, 26 giugno 2024
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