Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, molti analisti internazionali cominciarono a chiedersi quale sarebbe stata la controrisposta, non solo della parte occidentale, ma anche dei regimi autoritari asiatici, Cina e Corea del Nord.
Dalla caduta americana a Kabul fino ad arrivare all’Unione Europea, che ha perso la sua decennale centralità nel campo geopolitico, il quadro delle forti tensioni globali poteva essere riassunto con una domanda: Pechino e Mosca avrebbero approfittato della percezione di debolezza che l’amministrazione Biden trasmetteva al mondo? La risposta, almeno fino ad oggi, è stata decisamente positiva. Non per l’alleanza atlantica, per intenderci, ma solo per le autarchie asiatiche.
L’alleanza Cina-Russia
Il Cremlino non ha solo messo in pratica l’obiettivo decennale putiniano, ovvero il ritorno dell’influenza russa a Kiev ed alle porte del nostro continente, ma si è progressivamente avvicinato alla figura di Xi, al suo comando, alla sua potenza economica, rendendolo dipendente sotto alcuni settori strategici, fortemente limitati dalle sanzioni occidentali. Dall’altro lato, Pechino non pare riporre la stessa fiducia che aveva ad inizio conflitto. E ci sono già i primi segnali: la Cina sta dismettendo silenziosamente tutto il suo reparto high tech dalla Russia. Per ultimi, quattro dei – soli – diciannove negozi Huawei del Paese.
Insomma, se Putin ricercava una via d’uscita alle sanzioni atlantiche, cercando di subentrare nell’immenso mercato interno cinese, formato da più di un miliardo di persone, ecco che Xi pare indirizzarsi verso un’altra via, quella del cinismo, dell’approfittamento, della dipendenza russa per poi rivendicarla in futuro.
Il nuovo scontro Cina-Usa
Nel conflitto secolare tra Occidente e Mosca, tra i due litiganti, Pechino rappresenta il terzo. Il silenzio del mondo sta aiutando il Dragone a rafforzare, in modo indisturbato, il proprio apparato militare (proprio pochi mesi fa, solo il sito nicolaporro.it riportava il completamento della militarizzazione di alcune isole nel Mar Meridionale Cinese, proprio a poche miglia a sud di Taiwan), il proprio mercato interno (attuando una politica autarchica per raggiungere, guarda caso, l’indipendenza alimentare e, soprattutto, del grano), oltre alle violente repressioni dell’ultimo anno nei confronti di Hong Kong.
Taiwan sa di essere la prossima: le violazioni cinesi dello spazio aereo di Taipei sono sempre più numerose, con alcuni territori che, in caso di invasione, sarebbero indifendibili. Esempio rilevante è la Contea di Kinmen, sotto il controllo di Formosa, ma che si trova a soli due chilometri dalla costa cinese.
Nonostante tutto, gli Usa non sembrano starci. Dopo la cocente sconfitta in territorio afghano e il fallimento nella sua politica di contenimento della Russia, il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, non sembra voler lasciare agire il nemico cinese indisturbato. In un’intervista a Pbs, il braccio destro di Biden ha affermato come Pechino debba “tenere in considerazione la risposta che abbiamo visto all’aggressione della Russia all’Ucraina. Tanti Paesi si sono uniti”.
Una frase che sa di deterrenza, di minaccia, di Guerra Fredda, aggiungendosi alle recenti dichiarazioni del presidente americano, il quale ha promesso il diretto intervento militare delle forze Usa, in caso di aggressione all’isola di Taipei. In definitiva, il segretario Usa ha ammesso la funzione del sostegno militare a Kiev: lanciare un avvertimento al colosso cinese. In caso di attacco militare, gli Usa si faranno trovare pronti anche dinanzi alle conseguenze più nefaste. Il terreno ucraino è stato il banco di prova, il messaggio, il segnale da lanciare alla superpotenza che, più di tutte, preoccupa l’alleanza atlantica: Pechino.
Nel frattempo, proprio ai confini nord della Cina, la dittatura coreana di Kim Jong-Un ha annunciato nuove esercitazioni di artiglieria, dopo quelle già compiute domenica scorsa. Si tratta dell’ennesima prova d’attacco che sa di escalation, vista la reazione di Seul: “Sarà prossimo un test nucleare”.
Giorno dopo giorno, il mondo sta sfuggendo dal controllo degli Stati Uniti. Biden pare essere sempre più debole, inascoltato, irrilevante, sia in termini geopolitici che interni, visto che la gran parte dei sondaggi prevede una débâcle democratica, senza precedenti, alle elezioni di midterm del 2022. Tutto questo può costarci caro. Agli Usa, all’Occidente, a tutti noi. I regimi asiatici si stanno preparando a dominare il mondo.
Matteo Milanesi, 15 giugno 2022