Quando nel 1796 fu proposto a George Washington, che aveva ricoperto i due precedenti mandati, di candidarsi una terza volta alla presidenza degli Stati Uniti, egli rispose che la cosa non era possibile, soprattutto perché il peso di una presidenza era talmente grave che più di otto anni non era possibile sopportarlo.
Questa disposizione orale del presidente, considerato un padre della patria, fu rispettata da tutti i suoi successori. Solo Ulysses Grant cercò in qualche modo di ottenere un terzo mandato, ma fu respinto già alla convention. La regola venne rispettata da tutti i suoi successori fin quando arrivò Franklin Delano Roosevelt, eletto una prima volta nel 1932 e una seconda nel 1936. Nel 1940 si candidò una terza volta, sostenendo che siccome era in corso una guerra, che si prospettava mondiale, era bene che alla Casa Bianca si sedesse qualcuno con una grande esperienza e non un novellino. Poi nel 1944 disse che siccome la guerra non era ancora terminata, doveva restare lui. Dopodiché, appena entrato in carica per il quarto mandato, passò all’altro mondo.
Ora, non è che questa sia stata la ragione determinante, ma una delle molte che portarono il Congresso americano nel 1951 ad approvare il ventiduesimo emendamento che prescrive che nessuno possa essere eletto più di due volte Presidente degli Stati Uniti. Quindi non pone limiti alle candidature se non nei riguardi di qualcuno che sia stato eletto due volte.
Barack Obama, che è stato eletto due volte, non potrà mai candidarsi una terza volta. Donald Trump, invece, essendo stato eletto una volta e adesso cerca di ottenere una seconda candidatura, se non venisse eletto potrebbe ricandidarsi all’infinito.
Esistono infatti i cosiddetti perennial candidati, cioè quelli che si candidano sempre senza mai riuscire ad arrivare alla Casa Bianca.
Mauro della Porta Raffo, Presidente onorario della Fondazione Italia USA
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