Esteri

La guerra in Ucraina

Londra invia “proiettili all’uranio” a Kiev. L’ira di Mosca: “Scontro nucleare”

Mosca ha intercettato due bombardieri americani nei pressi del confine russo. La mossa di Washington è quella di mostrare i muscoli a Putin e Xi

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A 24 ore dall’arrivo a Mosca di Xi Jinping, e a pochi giorni di distanza dalle tensioni tra Cremlino e Casa Bianca, dopo l’abbattimento di un drone Usa da parte di due jet russi, continuano le azioni americane in prossimità del confine russo con il Vecchio Continente. Questa volta, i vertici di Mosca hanno affermato di aver intercettato due bombardieri americani B-52 sul Mar Baltico, allontanati da un jet russo poi rientrato al suo aeroporto di base.

Tensioni Usa-Russia

Nonostante tutto, come riportato anche dalla dirigenza della Federazione, non è stata riscontrata alcun tipo di violazione dello spazio aereo, cosa che avvenne invece – proprio nelle zone del Mar Baltico – da parte dei russi con la Svezia, quando lo spazio di Stoccolma venne più volte violato, al momento dell’inizio della “operazione speciale” in Ucraina, con jet addirittura dotati di testate nucleari.

I fatti si sono verificati in concomitanza ad un’altra mossa strategica americana, questa volta in Ucraina. Come riportato dai media russi, infatti, Washington starebbe accelerando l’invio dei tank Abrams a Kiev per l’inizio della nuova controffensiva, che il Pentagono ha già stimato per il prossimo maggio, insieme alle nuove forniture del Regno Unito, pronto ad inviare munizioni anticarro perforanti, ad alto potenziale, contenenti uranio impoverito.

I proiettili all’uranio impoverito

La notizia è stata rivelata dalla baronessa Annabel Goldie, viceministro alla Difesa di Sunak, in una audizione alla Camera non elettiva dei Lord. “Tali proiettili – ha rimarcato Goldie in risposta a Lord Hylton – sono altamente efficaci per neutralizzare tank e blindati moderni russi”. Il tutto era passato sotto traccia, ma poi i media ucraini gli hanno dato risalto scatenando le reazione di Putin. “L’Occidente ha deciso di combattere la Russia fino a ultimo ucraino non a parole ma nei fatti – ha detto lo Zar durante l’incontro con Xi Jinping – Se l’Occidente collettivo inizierà a usare armi con componenti nucleari, la Russia sarà costretta a reagire”. Il ministro delle Difesa russo, Sergei Shoigu ci ha poi messo il carico da 11: “Dopo le dichiarazioni della Gran Bretagna” sulle forniture di munizioni all’uranio impoverito all’Ucraina, “lo scontro nucleare a pochi passi”.

L’attacco alla Crimea

Nel frattempo, in mattinata, le forze di Zelensky hanno attaccato alcune zone della Crimea. Esplosioni si sono verificate nella città di Dzhankoi, dove è presente lo snodo ferroviario più importante per i rifornimenti, sia alimentari che militari, di Mosca alla penisola. Secondo la versione più accreditata, un drone ucraino sarebbe stato abbattuto mentre un civile è rimasto ferito dai detriti caduti a terra. A ciò, si è aggiunto l’esplosione che ha distrutto missili da crociera russi, destinati alla flotta del Mar Nero.

Per approfondire:

Le tensioni tra Stati Uniti e Russia, guarda caso, si registrano a poche ore dal primo colloquio – durato quattro ore e mezza – tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Un dato particolare, che ha incuriosito gli analisti sul giorno deciso dai due leader delle superpotenze per incontrarsi: il 20 marzo, esattamente vent’anni dopo l’inizio della guerra americana in Iraq. Un’analogia che può essere una coincidenza, ma in politica internazionale – soprattutto se si parla di Cina e Russia – simboli, date e propaganda rappresentano valori fondanti dei regimi.

Strategia Usa

In tale ambito, non pare quindi sorprendente che gli Usa abbiano deciso di “sfruttare” il bilaterale proprio per porre pressioni ai confini della Federazione Russa. Una mossa, d’altro canto, che in misura ben più ampia attuò la Cina, quando Nancy Pelosi atterrò a Taiwan lo scorso agosto. In quel caso, Pechino decise di accerchiare Taipei con lo schieramento della propria flotta e con numerosissime violazioni dello spazio aereo dell’isola di Formosa. Azioni che obbligarono Washington a muovere, a sua volta, la propria flotta nell’indo-pacifico.

Intanto, Xi Jinping ha dichiarato di voler ulteriormente rafforzare i legami economici e commerciali con la Russia di Putin. Dall’inizio della guerra, l’export russo verso la Cina è aumentato del 50 per cento e sarà destinato ad incrementare ulteriormente nel corso dei mesi. A Pechino serve una Russia sì stabile – anche con un conflitto a bassa intensità alle sue porte – ma che non metta in discussione l’ascesa del Dragone a livello mondiale. Gli Usa lo hanno compreso e cercano di usare la stessa carta che ha permesso loro di trionfare nella Guerra Fredda: la deterrenza. Oggi, però, è tutta un’altra partita.

Matteo Milanesi, 21 marzo 2023