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Usa o Cina, l’Europa scelga con chi stare - Seconda parte

Sul piano internazionale, infine, prende forma un’intenzione di autonomia strategica, quasi un’ambizione di potenza terza (la forza militare europea lanciata da Emmanuel Macron, il reiterato smarcamento di Merkel dall’America di Trump) che si acuisce quanto più le politiche economiche di Bce e Fed si assimilano. In verità c’è molto fumo ideologico (riaffiora anche una certa tradizione neutralista diffusa in Germania negli anni 60 e 70) per velare la sostanza di un rapporto con la Cina che si vuole mantenere stretto nonostante le truffe informative sul virus, la repressione a Hong Kong, le richieste americane.

È una deriva pericolosa, quasi un principio di appeasement: allontana l’Europa dagli Stati Uniti, sotto il pretesto della denuncia anti-Trump, dà un tono ipocrita all’ideologia dei diritti umani (come dice Ai Weiwei, il dissidente cinese, la Germania che tace su Hong Kong poi “vuole ergersi a paladina della moralità. Che scandalo”) e alla fine sfocia nell’irrilevanza quando si tratta di agire nei teatri strategici posti ai confini (Libia, giacimenti al largo di Cipro, Siria, Iraq). L’Italia, incerta di suo, paga cara l’ambiguità europea: la nostra posizione nel mondo non è mai stata così poco significativa.

Antonio Pilati, 9 giugno 2020

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