“Utero affittato, lei aveva bisogno di soldi”. Fermati due italiani in Argentina

Bloccati in aeroporto con una bambina nata da maternità surrogata: la ricostruzione smentisce la favola del mero altruismo

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utero in affitto

“Ma come si può essere così insensibili e non capire che si tratta di un gesto d’amore?”. Oppure: “La maternità surrogata è altruismo allo stato puro”. Di queste castronerie ne abbiamo sentite tante, tantissime specialmente nelle ultime settimane. Il motivo è semplice: a metà ottobre l’utero in affitto è diventato reato universale in Italia. La sinistra si è schierata al fianco di coloro che ricorrono alla gestazione per altri all’estero, accusando il governo delle peggiori nefandezze, spesso con fake news clamorose.

I fatti risalgono a poco meno di una settimana fa, a venerdì. Due uomini italiani sono stati fermati all’aeroporto di Buenos Aires, in Argentina, mentre stavano per tornare in Italia con una bambina nata con utero in affitto. I due hanno spiegato alle autorità di aver concordato la gravidanza con una donna di 28 anni originaria della città di Rosario e secondo gli accordi la piccola sarebbe stata cresciuta in Italia. Sui documenti la bimba, nata il 10 ottobre, è figlia della donna e di uno dei due uomini, un oncologo di Padova. Quando è stata fermata, la coppia viaggiava con la 28enne ed era diretta a Parigi.

La giustizia federale ha aperto un procedimento penale e ordinato con urgenza il divieto di lasciare il Paese, ma gli investigatori hanno le idee chiare: si tratta del classico caso di utero in affitto, uno scambio bambino per denaro. Secondo La Nacion esisterebbero gli elementi per ritenere che la donna abbia agito perché aveva bisogno di soldi e non per uno scopo meramente altruistico e senza alcun compenso.

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Non c’è l’amica della coppia composta da due uomini che offre il suo corpo di donna per una gravidanza. Non c’è la samaritana che per rendere felice una coppia decide di dare alla luce una bambina. Niente di tutto questo. Come accade nella stragrande maggioranza dei casi – senza timori di essere smentiti – la donna è stata in qualche modo sfruttata: a causa delle grandi difficoltà economiche, è stata spinta verso la maternità surrogata. Le autorità parlano chiaro: la 28enne ha una situazione economica pessima, non ha un lavoro, non ha nemmeno finito la scuola e sta crescendo da sola una figlia minorenne. “È in una situazione di estrema vulnerabilità”, ha sottolineato un funzionario. Le cifre? Circa 5.500 euro. Ovviamente il denaro era stato contrattato prima di procedere con la maternità surrogata. Con buona pace di chi disegna romanticismo.

Il procuratore ha richiesto l’apertura di un’indagine penale per tre possibili reati: tratta di esseri umani, vendita di bambini o appropriazione di minori. Evidentemente la componente altruistica esiste soltanto nei sogni di chi vuole portare avanti la battaglia sull’utero in affitto. In realtà il discorso è molto semplice: le donne non sono incubatrici in vendita e non può bastare qualche migliaio di euro per convincere una donna in condizioni di disagio economico a sfornare un bambino. E nessuno si azzardi a parlare di omofobia (l’utero in affitto può riguardare anche le coppie etero) o di stupidaggini simili: si chiama semplice buonsenso. Tutti possono amare tutti, ma questo non giustifica il mercimonio di neonati.

Franco Lodige, 31 ottobre 2024

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