Utero in affitto, più che reato è uno schifo universale

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schlein utero in affitto

Da ieri la maternità surrogata è reato universale. Scusate, riscriviamolo: l’utero in affitto è reato universale. Giusto? Sbagliato? Questione spinosa, come tutti i dibattiti politici che riguardano temi bioetici. È giusto abortire? È giusto favorire il suicidio assistito? È giusta l’eutanasia?

Partiamo dai fatti: ieri il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva una nuova legge che rende “universale” un reato che in Italia già esiste da 20 anni (era il 2004, primo ministro Silvio Berlusconi) e che i vari governi di sinistra (Prodi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte II) non hanno mai modificato, pur avendone la possibilità. Da oggi anche chi andrà all’estero ad affittare uteri potrà essere perseguito, una volta rientrato in Italia, come se avesse fatto ricorso alla “gestazione per altri” nel Belpaese.

Da un punto di vista “logico”, l’allargamento di questo reato ha una sua fondatezza. Se ritengo illecito pagare una donna italiana per produrre un bambino, devo ritenerlo tale anche se vi faccio ricorso all’estero. Non c’entra nulla la “propaganda sulla pelle dei bimbi” che denuncia Elly Schlein, né tantomeno si tratta di “un obbrobrio”. Se lo fosse, dovrebbe valere anche per la legge 40 del 2004 che però il Pd ha mantenuto intatta nonostante abbia governato per almeno un decennio.

Diverso il discorso se sarà efficace, se passerà le forche caudine dei vari ricorsi in Tribunale che di sicuro verranno presentati. Sono questioni da azzeccagarbugli. Poco ci importa se sia giusto considerare il ricorso a questa pratica un “reato” o meno. Di sicuro è uno schifo. Usare il corpo di una donna per produrre un figlio da “consegnare” a chi ha effettuato l’ordine è un limite che forse la società non avrebbe dovuto superare, benché la scienza lo abbia reso possibile. Riterremmo giusto vendere un rene? Riterremmo giusto vendere o affittare un neonato? Buttarla sulla donazione non ha senso, visto che ad essere “donato” in questo caso sarebbe un pargolo.

Sgombriamo inoltre il campo da un equivoco: la “Gpa altruistica” non esiste, se non in casi residuali. Lo spiega bene Francesca Izzo, filosofa femminista: “Possono verificarsi rarissimi casi di surrogata altruistica tra madre e figlia, tra sorelle, tra parenti o amici strettissimi” ma in generale “la cosiddetta ‘altruistica’, che adotta sempre la forma del contratto e maschera sotto la formula ipocrita del ‘rimborso spese’ il passaggio di denaro, è nei fatti una ‘commerciale’ che si vergogna”.

“Ma perché impedire a chi vuole un figlio di farlo partorire da un’altra donna?”, domandano alcuni. Primo appunto: è una finzione ritenere che la gestante che porta avanti la gravidanza sia solo una incubatrice e non la “madre” del bambino, cioè non instauri una qualche relazione con lui, solo perché secondo un contratto deve cederlo ad altri. E poi proviamo a ribaltare il ragionamento. Premessa: la “maternità surrogata” può avere molteplici fattispecie, a seconda del tipo di partecipazione della donna esterna alla coppia (mette solo l’utero? o anche l’ovulo?), senza contare il possibile ed eventuale intervento anche di un donatore di gameti maschili. Dunque imaginiamo – per pura accademia – una Gpa in cui il gamete maschile non sia quello della coppia che “chiede” il bambino, al pari della gestante e del gamete femminile. Se riteniamo lecito attraverso tecniche di inseminazione far partorire ad una donna X il figlio di X e di Y, per poi cederlo a Z, per quale motivo non permetterlo anche “naturalmente”? Paolo e Chiara su richiesta (e magari dietro ‘rimborso spese’) fanno l’amore, mettendo così a disposizione l’utero e i gameti, e nasce Alberto, il quale però viene subito consegnato Jack. Poi Paolo e Chiara lo rifanno, ma a favore di Mario. Non vi sembrerebbe un orrendo mercimonio di neonati?

Giuseppe De Lorenzo, 17 ottobre 2024

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