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Utero in affitto, schiaffone a Schlein&co

La decisione clamorosa della Corte dei Conti Ue sull’utero in affitto rappresenta l’ennesimo buco nell’acqua di Elly Schlein

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Doveva essere solo una presa di posizione ideologica di quelle che oggi – rigorosamente in modo dispregiativo – vengono chiamate “le destre”. Eppure, questa volta, è pure la Corte europea dei diritti umani a dare regione all’ala più conservatrice del mondo politico. Strasburgo ha dichiarato infatti inammissibili una serie di ricorsi contro l’Italia di coppie dello stesso sesso, che chiedevano di condannare Roma per il divieto di trascrivere all’anagrafe gli atti di nascita, legalmente riconosciuti all’estero, per bambini nati tramite la maternità surrogata.

I dubbi sull’utero in affitto

E la sentenza sembra centrare in pieno i dubbi e le perplessità da sempre avanzate in questi ultimi anni. Essi, infatti, non riguardavano specificamente il ricorso da parte di coppie omosessuali all’utero in affitto, ma la pratica medesima. Insomma, non si è mai cercato di creare un rapporto di doppiopesismo, secondo cui le coppie etero avrebbero legittimità nel praticare la maternità surrogata e quelle omosessuali no. La critica si fondava proprio sul ricorso a queste modalità.

Per approfondire:

Il secco no dei conservatori (e comunque di una parte silente della sinistra, checché se ne dica) si fonda in particolare sul concetto di dignità della donna e del suo corpo. Tant’è che è la stessa Corte Ue ad aver respinto pure il ricorso presentato da una coppia di sesso diverso.

La stoccata a Elly Schlein

Il dato lampante è comunque la sconfitta (l’ennesima) dell’ala progressista più a sinistra, ora capeggiata da Elly Schlein. Non sono remoti, appunto, i tempi in cui la segretaria del Nazareno scendeva in piazza, rivendicando i diritti delle coppie omogenitoriali (compreso l’utero in affitto), ponendo la discussione sul solito, eterno, immancabile ritornello sull’omotransfobia delle “destre”.

Ma la decisione a livello comunitario è arrivata dopo l’impugnazione della procura di Padova, pochissime ore fa, di 33 atti di nascita concepiti all’estero con fecondazione eterologa e poi riconosciuti in Italia come figli di entrambe le madri. Si tratta di tutti gli atti registrati dal sindaco Sergio Giordani, dalla sua elezione nel 2017 con la coalizione a guida Pd, ad oggi.

Le motivazioni avanzate dalla procura riguarderebbero l’inesistenza nel sistema giuridico italiano della figura della “seconda madre”, accanto all’impossibilità per la donna di assegnare al figlio biologico il cognome della compagna. Insomma, sia in Italia che in Europa cominciano a porsi seri problemi di carattere giuridico, che prescindono dalle convinzioni ideologiche di ambo le parti politiche. Eppure, si sa, quando si cerca di propagandare un tema non di sinistra, arriva il pericolo automatico di essere ghettizzati nel mondo del “fascismo” e della “omofobia”. Vediamo se questo accadrà anche alla Corte europea dei diritti umani…