È arrivato il tempo delle scelte, seppur con fortissimo ed imperdonabile ritardo. Tagliare i rami secchi e far ricominciare a far crescere la nostra economia, o continuare a blandire l’oligarchia diffusa (ma pur sempre una minoranza) di burocrati e parastatali che si annidano nella galassia della spesa pubblica allargata parassitaria, clientelare collegata ai partiti politici.
Questa quota di spesa pubblica – difficile da quantificare, costituita dalla miriade di centri di costo che si annida nelle società partecipate, enti pubblici dipendenti di diversa natura – rappresenta certo solo la punta dell’iceberg di una più imponente revisione. Ma è consistente e grida vendetta, non è più tollerabile.
Spesso non viene interamente inserita nella cosiddetta “spesa pubblica”, perché le società partecipate ed altri enti dipendenti si muovono come società private per quel che riguarda le assunzioni a chiamata diretta, ma poi scaricano sul bilancio statale i costi della loro inutile ed autoreferenziale esistenza, i finanziamenti diretti per ripianare i debiti e continuare ad assumere ad libitum a spese dei contribuenti.
Andrebbero poi liberalizzati i servizi pubblici locali oggi gestiti dalle società municipalizzate, cioè a guida politica e sindacale, e lasciare spazio alle migliori eccellenze del privato. Falciare questa quota scandalosa di sprechi statalisti è interesse di tutti, salvo che dei partiti che se ne servono e di chi magari ha trovato il suo posto (non un lavoro vero) clientelare.
Non solo quindi del cosiddetto ceto medio produttivo, ma è anche interesse dei dipendenti pubblici che hanno superato un concorso nei comparti considerati “essenziali” in un’ottica di stato minimo (giustizia – sanità per gli indigenti – istruzione, con i correttivi liberisti), tutti dipendenti pubblici sottopagati rispetto ai loro colleghi dell’area Ocse.
È interesse di tutte le persone di buon senso, con un minimo di onestà intellettuale.
In una economia liberale vera con tassazione bassa per le imprese e libertà in materia previdenziale chi ha davvero voglia di lavorare potrebbe trovare agevolemente un nuovo impiego nel rinvigorito settore dell’economia reale e magari sentirsi anche più realizzato.
I partiti politici sanno che il vaso è colmo da decenni e quindi prendono in giro l’opinione pubblica: accorpano queste società ed enti decapitando alcuni consigli di amministrazione (che costano lo zero virgola zero di questa montagna di sprechi), agendo in questo modo raggirano tutti, propagandando tagli e diminuzioni di queste partecipate ed enti che in effetti non avvengono, perché le assunzioni continuano e, semmai, conti alla mano aumentano i costi scaricati sul bilancio statale e quindi sui contribuenti.
Non tagliano nulla nel concreto. Sono d’accordo tutti i partiti dominanti nel mantenere queste sabbie mobili che stanno inghiottendo valanghe di miliardi ogni anno, da decenni. Si tratta del loro esercito privato, che fanno pagare a tutti noi.
Andrea Bernaudo, 25 marzo 2025
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