La nuova politica antidroga di Petro ed AMLO: amore, famiglia e legalizzazione
La piaga della droga ha già un antidoto per i presidenti di Messico e Colombia, i principali paesi produttori ed esportatori di narcotici negli Stati Uniti e nel mondo: l’amore e la famiglia. A questo rimedio hanno fatto appello Andrés Manuel López Obrador e Gustavo Petro, presidenti rispettivamente del Messico e della Colombia, chiudendo nella città colombiana la Conferenza Latinoamericana e dei Caraibi sulla Droga. “Le dipendenze crescono perché nella società manca amore, qual è l’antidoto al consumo di droga? L’amore”, ha detto il colombiano. Petro ha indicato che gli Stati Uniti e l’Unione Europea devono capire che il consumo di droga non finirà cercando di distruggere l’offerta ma ponendo fine alla solitudine prodotta dal capitalismo in cui vivono le loro società, che genera infelicità e dipendenze. AMLO ha invece proposto la ricetta messicana: recuperare la famiglia. “La famiglia è l’istituzione di sicurezza sociale più importante che abbiamo”, ha affermato concordando con il colombiano di promuovere una nuova politica sulla droga.
“Si tratta di attuare politiche volte a ridurre la domanda attraverso una prevenzione universale, selettiva e indicata, con attenzione alla salute mentale, all’intervento precoce, alla riabilitazione, al recupero rafforzando i fattori di protezione comunitaria e realizzare la transizione dalle attività illecite a quelle lecite”. La nuova strategia, hanno osservato i due, deve tenere conto delle principali cause strutturali della disuguaglianza, della povertà, della mancanza di opportunità e della violenza, per questo bisogna dare priorità allo sviluppo, con particolare attenzione alle popolazioni in situazioni vulnerabili, con progetti di vita sostenibile. “Denunciamo la stigmatizzazione dei nostri agricoltori e dei nostri migranti. Non sono trafficanti, sono lavoratori in cerca di opportunità”, hanno aggiunto e “il giorno in cui scomparirà il consumo scompariranno i raccolti e l’offerta di allucinogeni”, ha concluso.
Maduro in Cina per finanziare la sua campagna presidenziale
Maduro è in Cina fino al 14 settembre. “La Cina e il Venezuela hanno stretto una relazione di ferro indistruttibile. Sostengono fermamente il Venezuela per salvaguardare la sua indipendenza e dignità nazionale”, ha detto la vicepresidente Delcy Rodríguez. “Una fratellanza che è la prova di tutto”, ha detto Nicolasito Maduro, figlio del presidente, che fa parte della delegazione mentre Pechino ha assicurato di essere pronta a un “nuovo passo” nelle sue relazioni bilaterali. Sono almeno 5 miliardi di dollari, il “sostegno sostanziale” di cui Maduro ha bisogno per comprare voti con cibo e sussidi da distribuire al pueblo e continuare al potere fino al 2030, nonostante il fatto che oggi l’85% dei venezuelani desideri un cambiamento nel proprio paese. La rivoluzione sta preparando ogni giorno il miglior scenario elettorale, che ha già costretto all’imposizione di un nuovo Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), più madurista che mai. Il Chavismo ha anche squalificato i suoi principali rivali elettorali, tra cui la liberale María Corina Machado, che è in testa a tutti i sondaggi delle presidenziali del prossimo anno.
Ecuador: per la candidata di Correa, in Venezuela si vive meglio che a Quito
Nonostante gli 8 milioni di migranti che hanno lasciato la dittatura di Maduro, Luisa González, candidata alla presidenza del Correísmo in Ecuador, ha assicurato che il Venezuela ha condizioni di vita migliori del suo paese. Degli 8 milioni di immigrati venezuelani, la maggioranza (6,5 milioni) sono stati accolti da paesi dell’America Latina e dei Caraibi. In America Latina, la Colombia (2,8 milioni) e il Perù (1,5 milioni) sono i paesi con il maggior numero di migranti e rifugiati venezuelani. Seguono Brasile, Ecuador e Cile. Scappano perché stanno troppo bene evidentemente, almeno per la candidata di Correa.
Il Paraguay denuncia il sistema fallimentare dei vaccini Covax dell’Oms
Il governo del Paraguay ha annunciato che rifiuta di ricevere i vaccini Covax dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, meccanismo che è stato “un fallimento totale”, hanno detto la ministra della sanità e il procuratore generale. Il Paraguay aveva pagato 6 milioni di dollari al Covax per ricevere circa tre milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19 di cui ne ha ricevuto un milione. “Il meccanismo non ha inviato i tre milioni di dosi e Covax deve restituire l’equivalente di 5.670.990 dollari in vaccini anticovid che non ha consegnato”.
Paolo Manzo, 11 settembre 2023
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