di Paolo Becchi, Giuseppe Cutuli e Nicola Trevisan
Quando si parla di analisi rischio/beneficio di sottoporsi ad una terapia preventiva di fatto si intende valutare gli elementi che portano “peso” al piatto della bilancia dei benefici (i cui dati sono riportati settimanalmente dall’Iss nei report di Sorveglianza Integrata Covid-19) e confrontarli con gli elementi che vi si contrappongono, andando a riempire il piatto della bilancia dei rischi: il report ufficiale aggiornato da Aifa è molto importante soprattutto perché può contenere quegli elementi da mettere nel piatto “rischi”, elementi che nei report settimanali Iss non sono riportati. Ecco qui di seguito la descrizione delle ipotesi dello studio per la valutazione rischi/benefici della vaccinazione per la malattia Covid-19.
Ipotesi di lavoro
Partendo dall’ormai noto bollettino settimanale Iss, nella sezione che descrive gli effetti dei vari stati vaccinali in termini di incidenza dei contagi, delle ospedalizzazioni, delle terapie intensive e dei decessi, andiamo a cercare, nel report Aifa, informazioni confrontabili che possano essere considerate rilevanti nell’analisi e scegliamo di confrontare gli eventi Ospedalizzazioni con diagnosi di contagio del report Iss con gli eventi avversi gravi che Aifa registra come tali solo in conseguenza di “[…] ospedalizzazione/ricorso al pronto soccorso, pericolo immediato di vita, invalidità, anomalie congenite, decesso” (pagina 13). Siccome nel report Iss la popolazione viene divisa in 4 fasce d’età (12-39, 40-59, 60-79, 80+), bisogna trovare, nel report Aifa, informazioni per fasce d’età che possano essere confrontate con le 4 scelte da ISS.
Sviluppo dell’analisi
Nel report Aifa, a pagina 18, viene riportata la figura 2, dove vengono riassunte le incidenze per decade degli eventi avversi totali afferenti alla prima dose, seconda dose e terza dose.
Partendo quindi da questo grafico, che riporta le incidenze per 100 mila, si procedere come segue: calcoliamo il numero di casi corrispondenti a queste incidenze per la popolazione italiana registrata da Istat al 31/12/2021:
Effettuiamo, ora, l’accorpamento secondo le fasce scelte dall’Iss:
A pagina 20 Aifa ci informa che il 16,2% di tutte le segnalazioni registrate sono state considerate gravi; le esigue informazioni che Aifa rilascia ci obbligano a effettuare la seguente assunzione, che va sicuramente considerata un’approssimazione necessaria: assumiamo che la porzione di 16,2% di casi gravi sia la stessa per tutte le fasce d’età e per ogni singola vaccinazione, sia essa la prima, la seconda o la terza. Si può, quindi determinare la seguente tabella di eventi avversi gravi attesi nella popolazione italiana nell’ipotesi che questa sia vaccinata al 100%, e la conseguente valutazione dell’incidenza ogni 100.000 abitanti:
Abbiamo così un dato derivato dal report Aifa che è confrontabile con quello delle ospedalizzazioni riportate nei report settimanali Iss per stato vaccinale. Trattandosi di incidenze, il totale (somma delle incidenze degli eventi avversi delle tre dosi) corrisponde alla probabilità di avere un effetto avverso grave in almeno una delle tre inoculazioni. Questo dato (il totale delle incidenze di effetti avversi gravi ogni 100.000 abitanti per fasce d’età) è il valore da mettere nel piatto “rischi” della nostra bilancia.
Passiamo a determinare cosa mettere sul piatto dei benefici: siccome sulla bilancia rischi/benefici mettiamo l’ipotesi “vaccinarsi o non vaccinarsi” noi confronteremo solo le classi dei non vaccinati e dei vaccinati con booster, visto che l’Iss definisce necessaria la terza dose (pena la perdita del green pass dopo 6 mesi dalla seconda dose) per considerarsi pienamente “coperti”. Prendiamo, ora, i dati relativi alle incidenze di non vaccinati e vaccinati con terza dose derivabili dagli ultimi report Iss, e prendiamone il valore medio. Si vede, come già peraltro emerso nei nostri studi (al momento non contestati dalle autorità competenti alle quali sono stati inviati per doverosa conoscenza) relativi ai soli benefici della terza dose rispetto ai vaccinati con solo due dosi, che i booster nelle fasce d’età 12-39 e 40-59 non portano benefici comparabili con quelli registrati per le fasce d’età over 60.
Riassumendo tutto in una tabella, andando a misurare gli effettivi benefici della vaccinazione (che equivale alla aritmetica differenza tra la media delle incidenze tra non vaccinati e vaccinati con booster prese nel periodo 12nov–>23gen), si ottiene il valore da mettere nel piatto “benefici” della nostra bilancia:
Risultati
Ecco il riassunto, fascia per fascia, delle valutazioni del bilancio rischi/benefici, in termini di incidenze ogni 100.000 abitanti, che emerge dallo studio:
Conclusioni
L’analisi fatta sui dati che abbiamo a disposizione dimostra che la vaccinazione per la fascia 12-39 ha una bilancia rischi/benefici nettamente sbilanciata dal lato rischi: la probabilità di incorrere, vaccinandosi, in un effetto avverso grave è quasi il doppio della riduzione di rischio di essere ospedalizzati causa malattia Covid-19. Per le fasce over 60, invece, la bilancia pende decisamente dalla parte dei benefici, essendo il rischio di effetto avverso da vaccinazione rispettivamente 15 volte (60-79) e 56 volte (80+) inferiore dei rischi di venir ospedalizzati causa Covid-19.
Per la fascia 40-59 il rapporto a favore dei benefici del farmaco, si ferma a circa due volte rispetto al rischio di effetto avverso grave. Riteniamo che in questa fascia d’età di confine sarebbe giusto aspettarsi un fattore di maggior beneficio di un ordine di grandezza simile a quello registrato per le fasce over 60, o almeno un fattore 8-10 come è norma utilizzare in un contesto di cosiddetta “ingegneria progettuale”. Per tale motivo il fattore ottenuto è insufficiente a determinare una vaccinazione imposta tramite il ricatto della sospensione lavorativa in quella che è, di fatto, la fascia più colpita dalle restrizioni governative legate allo stato vaccinale.
Viene quindi confermata, anche da questa analisi, la necessità di sospendere la vaccinazione per la fascia under 40, di sconsigliarla per la fascia 40-59, e di raccomandarla per gli over 60. A questo punto però si apre un problema di non poco conto.
Sicuri che il sistema di farmacovigilanza stia funzionando?
L’Oms ha fissato, fin dal 1999, un Gold Standard per permettere di capire se i sistemi di farmacovigilanza di tipologia passiva attivati dagli organi competenti sono considerabili adeguati a fotografare la situazione senza rischiare che questa vigilanza sottostimi gli effetti avversi del farmaco sotto osservazione:
- almeno 30 segnalazioni ogni 100 mila abitanti all’anno;
- almeno il 30% delle segnalazioni relative ad eventi gravi;
- coinvolgimento di almeno il 10% dei medici.
Se per i punti 1 e 3 possiamo dire che Aifa sta facendo un lavoro in linea con i requisiti definiti dall’Oms, per il punto 2 siamo sicuramente sotto il livello minimo di adeguatezza. Questo vuol dire che il sistema attuato non può essere considerato affidabile perché non rispondente ai requisiti ufficiali imposti dal Gold Standard dell’Oms.
Proviamo, quindi, ad immaginare che il fatto che si siano classificati eventi avversi gravi solo il 16,2% sia dovuto ad un eccessivo declassamento da parte di chi deve decidere se una segnalazione può essere considerata grave o meno. Ribadiamolo questo è solo un nostro tentativo. Potremmo immaginare di ricalcolare il numero di eventi avversi gravi forzando il valore minimo al 30%, ottenendo il seguente ricalcolo delle bilance rischi/benefici:
Beninteso questo è solo un nostro esercizio che evidenzia uno dei possibili scenari che possono spiegare perché il sistema di farmacovigilanza non stia funzionando. Aifa nel report dichiara testualmente che il 94,8% delle 118 mila segnalazioni totali sono spontanee, derivate cioè da sorveglianza passiva, quando stime fatte da studi di sorveglianza attiva, riportano di un fattore di anche 100 volte superiore delle segnalazioni. Il che vorrebbe dire nel caso degli eventi gravi, secondo la nostra supposizione, valori del 1,7% cioè 1700×100 mila dosi, e non 17,6x100mila raccolti da Aifacon la segnalazione passiva.
Se le cose fossero così, cambierebbe di molto lo scenario nei risultati proposti in tutte le fasce d’età. Facciamo anche in questo caso un esercizio di scenario definibile come Worst Case Scenario. Ecco i risultati:
Come si evince, la situazione cambierebbe drasticamente, ma si tratta di uno scenario irrealistico. Considerando, come ipotesi più realistica, che gli eventi gravi possano essere maggiori per un fattore 10, i risultati sarebbero i seguenti:
Notate in questo ultimo scenario come si confermano i maggiori rischi di eventi avversi per le fasce under 60, ma pure la fascia d’età 60-79 potrebbe essere messa in discussione, in quanto il rapporto rischio/beneficio sarebbe 1,5 volte. Si tratta, come detto in precedenza, di un valore troppo basso per giustificare il trattamento farmacologico, tanto più rendendolo obbligatorio; mentre la fascia 80+ confermerebbe il beneficio del farmaco, rapportato ai casi di eventi avversi gravi.
Concludendo, da questi ultimi esempi basati su mere ipotesi, si comprende come sia fondamentale un sistema di sorveglianza migliore di quello attuale, per avere dati più vicini alla realtà e quindi ottenere una corretta valutazione rischio/beneficio, utile giustificare le scelte di politica sanitaria. Ma va ribadito, anche sulla base dei dati riportati da Aifa, che risulta del tutto sbagliata una indiscriminata vaccinazione di massa come quella voluta dal governo. Dati ufficiali alla mano mostrano come sotto i sessanta anni i rischi avversi sono superiori ai benefici offerti dai vaccini. Il governo può certo continuare nella sua politica dello struzzo, come sta facendo, ma prima o poi i nodi verranno al pettine.