Dire le cose come stanno, in maniera tranquilla e senza liturgia del terrore. Si presenta così, in diretta a Quarta Repubblica, il direttore dell’Inmi Spallanzani, Francesco Vaia. E mentre alcuni suoi colleghi canticchiano canzoni di Natale in salsa pro vax, mentre altri immaginano un cenone di Capodanno blindato e gridano all’arrivo di Omicron, lui cerca di mantenere un certo equilibrio: attenzione al Covid, sì ai vaccini, ma senza trasformare il tutto in una tifoseria.
Una lunga intervista, quella rilasciata a Nicola Porro, con tanti tanti i punti cruciali: restare orientati alle riaperture, basta “catastrofismo” su Omicron e soprattutto dire la verità sui vaccini che “non possono determinare un calo dei contagi” ma servono solo a “ridurre la letalità”.
Una vera e propria frecciata Vaia la scaglia contro i suoi colleghi canterini. “Ho sentito anche delle canzoni oggi… – attacca – ma noi dobbiamo stare molto attenti. Io credo che dobbiamo porre un equilibrio. Abbiamo bisogno di serenità ed equilibrio. Dobbiamo convincere le famiglie, portarle dalla parte della scienza. Non dobbiamo spaventarle”. Per questo si dichiara contrario sia agli ultras del vaccino che ai negazionisti più spinti. “Non mi piacciono i fanatici. Mattarella ha detto di non dare troppo spazio ai no vax, io direi di non darlo proprio alle esagerazioni” di entrambi gli schieramenti. Perché qui siamo di fronte ad un virus “che può avere le caratteristiche della stagionalità, esattamente come l’influenza”. E soprattutto “rispetto all’inverno scorso noi siamo in due mondi completamente diversi”: sul lato dei contagi, “siamo al di sotto della decima parte”. Nonostante Omicron, e nonostante sia necessario aggiornare il vaccino alla nuova variante.
A proposito della nuova mutazione, Vaia ha le idee chiare: “Abbiamo avuto otto casi Omicron – dice – E vi do una buona notizia, di questi otto solo una persona era sintomatica e ad una terapia con i monoclonali si è negativizzata in pochi giorni”. Perché allora i media continuano a focalizzare l’attenzione sui contagi? “Per me questa litania quotidiana del bollettino è da eliminarsi – insiste il professore – Non serve a nulla. Tiene solo le persone sotto spavento. Noi dobbiamo osservare le ospedalizzazioni, in particolare quelle con degenza particolare, come le terapie intensive. In alcune Regioni le ospedalizzazioni sono determinate sia da un eccessi di protezione della struttura ospedaliera sia dall’incapacità del territorio di curare a casa il paziente”. Insomma: la soluzione si chiama “terapie domiciliari“. “Si può guarire a casa con i monoclonali”, dice Vaia. Senza intasare i nosocomi.
da Quarta Repubblica del 20 dicembre 2021